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Una straordinaria opportunità

Autore

Silvio Gualdi
Silvio Gualdi è Senior Scientist al Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici (CMCC), dove dirige la divisione “Climate Simulations and Predictions”. Da oltre venticinque anni si occupa di modellistica numerica del clima, simulazioni e previsioni climatiche. Durante questo periodo ha partecipato a numerosi programmi e progetti di ricerca internazionali e ha coordinato il contributo CMCC alle proiezioni di cambiamento climatico utilizzate per definire gli scenari climatici discussi nei rapporti dell’IPCC. Insegna Dinamica e Predicibilità del Clima per la Scuola di Dottorato "Scienza e Gestione dei Cambiamenti Climatici" all’Università Ca’ Foscari di Venezia. È autore di oltre 90 pubblicazioni scientifiche su riviste internazionali, membro dell'Editorial Board dell'Oxford Research Encyclopedia of Climate Science ed attuale presidente della Società Italiana per le Scienze del Clima (SISC).

Alcune riflessioni sulla relazione tra crisi climatica, pandemia covid_19 e ridefinizione del nostro modello di sviluppo

Le prove dell’esistenza di una relazione tra condizioni meteo–climatiche e salute fanno parte della nostra esperienza quotidiana. Tutti abbiamo chiara evidenza del fatto che un’ondata di calore mette a dura prova il nostro organismo. Questo stress, in persone già affette da problemi cardio–vascolari, può rappresentare una seria minaccia per la salute, se non per la vita stessa. Molti scenari che riproducono possibili condizioni climatiche future del nostro pianeta prodotti dalla comunità scientifica, inoltre, indicano che vi sono intere regioni d’Europa per le quali, la combinazione di mutate condizioni climatiche (aumento di temperature e umidità) e globalizzazione (scambi internazionali di persone e merci) potrà determinare un significativo aumento della diffusione di malattie, oggi ancora relativamente rare, quali febbre del Nilo occidentale, Chikungunya, Dengue e febbre della Rift Valley.


Questi sono alcuni esempi del perché i possibili effetti dei cambiamenti climatici sulla salute umana e su quella animale sono tra i problemi più rilevanti ed estesamente investigati dalla comunità delle scienze del clima e impatti climatici.

La consapevolezza dell’esistenza di un legame tra condizioni climatiche e diffusioni delle malattie, ha naturalmente portato molti a chiedersi se vi potesse essere una relazione tra clima e diffusione del virus SARS-CoV-2, responsabile dell’epidemia covid-19. Molti tentativi sono quindi stati fatti per cercare di spiegare diversi aspetti dell’epidemia, interpretandoli alla luce delle caratteristiche climatiche delle regioni dove si è manifestata. Per esempio, si è cercato di capire se esistono condizioni ambientali più o meno favorevoli all’insorgenza ed alla virulenza dell’epidemia, individuando nelle simili condizioni di (pessima) qualità dell’aria della regione di Wuhan e della Valle Padana, una possibile spiegazione del perché queste due aree sono state così violentemente colpite dalla diffusione e dagli effetti del virus. Oltre a ciò si è cercato di identificare quali condizioni meteo-climatiche potrebbero spiegare l’evoluzione della distribuzione spaziale dell’epidemia. In particolare, si è cercato di capire se esistono condizioni meteorologiche che ne favoriscono o rallentano l’espansione; la qual cosa ci avrebbe anche permesso di anticiparne l’evoluzione nelle prossime stagioni. Magari, un’eventuale dipendenza della vitalità del virus e della sua capacità di contagio dalla temperatura, ci avrebbe permesso di dire se e in che misura l’epidemia potesse continuare ad incombere e minacciarci durante tutta l’estate, oppure se, almeno nei mesi caldi, avremmo potuto contare su un allentamento della sua morsa.

Purtroppo questi studi non hanno ancora portato a risultati univoci e al momento non ci sono prove tali che permettano di concludere che le condizioni meteo–climatiche abbiano una chiara influenza sulla trasmissione del virus. E neppure siamo in condizioni di anticipare l’andamento futuro dell’epidemia in base alle nostre conoscenze dell’evoluzione stagionale del clima. Evidentemente è ancora troppo presto per avere questi risultati, molti altri dati dovranno essere raccolti ed analizzati e molto lavoro ancora ci vorrà per riuscire a stabilire se una tale relazione effettivamente esista e quale essa sia. 

La mancanza di un nesso chiaro e certo tra diffusione del virus e clima, d’altra parte, non ci impedisce di provare a tracciare qualche altra considerazione sulle possibili relazioni tra la pandemia e i cambiamenti climatici. Infatti, entrambi rappresentano crisi sistemiche che, seppur caratterizzate da tempi e conseguenze differenti, presentano notevoli similitudini e aspetti comuni, che possono stimolare importanti riflessioni. In altre parole, esistono importanti lezioni che possiamo imparare da quello che sta succedendo alle nostre società a causa del covid-19 e la cui conoscenza ci potrebbe aiutare a meglio gestire la crisi climatica.

Le crisi sistemiche, con le loro manifestazioni e impatti, diretti e indiretti, si propagano rapidamente, con un effetto domino tra settori e tra paesi, in un mondo interconnesso.

Abbiamo già detto che entrambe sono crisi sistemiche, in quanto le loro manifestazioni e impatti, diretti e indiretti, si propagano rapidamente, con un effetto domino tra settori e tra paesi, in un mondo interconnesso. Quindi, ciò che stiamo imparando nello stimare i costi finanziari e sociali causati dalla pandemia, ci può aiutare a migliorare la capacità di valutare il conto dei reali costi che, in un futuro non lontano, gli impatti dei cambiamenti climatici ci presenteranno. In particolare, un’importante lezione che la storia della pandemia ci insegna è che i costi, finanziari e sociali, che oggi paghiamo sono di gran lunga più alti di quelli che avremmo pagato con un relativamente piccolo investimento in misure preventive, come, per esempio, appropriati approvvigionamenti di dispositivi di protezione individuale (mascherine e guanti) e, soprattutto, sistematici aggiornamenti dei piani di risposta ai rischi pandemici del sistema sanitario e adeguamenti delle strutture di terapia intensiva. Questo tipo di ragionamenti viene spesso liquidato come ovvia manifestazione del “senno del poi”, a corollario della considerazione che son capaci tutti di dire oggi cosa si sarebbe dovuto fare, se solo avessimo saputo ieri cosa sarebbe potuto succedere. Questa obiezione avrebbe senso se non fosse che ormai da diversi anni la comunità internazionale di virologi ed epidemiologi lanciava segnali di allarme, cercando di attirare l’attenzione, soprattutto dei decisori politici, sul crescente rischio del verificarsi di pandemie, proprio come quella che puntualmente si è verificata. Quindi, sarebbe opportuno che adesso si evitasse di commettere lo stesso errore con la crisi climatica, pure da tempo annunciata dalla scienza, e per la quale molto, moltissimo possiamo fare oggi, affinché non ci presenti domani un conto, economico e sociale salatissimo.

Infine, la crisi pandemica provoca il paradosso di causare da un lato una profonda messa in discussione del sistema economico–produttivo non sostenibile e ormai indicato da molti come l’origine di disequilibri, tra noi e l’ambiente in cui viviamo, dei quali pandemia e crisi climatica sono solo due delle varie possibili manifestazioni. Dall’altro lato, la frenesia di cercare di ripristinare il sistema precedente, accelerando la ripresa delle attività economiche per cercare di tornare quanto più velocemente possibile al “come prima”.

In realtà, la pandemia, con la brusca frenata che ha imposto alla folle corsa di economie non sostenibili, ci sta offrendo la ghiotta occasione di ripensare e ridefinire il nostro rapporto con l’ambiente. In questo momento tutte le principali economie mondiali si stanno apprestando a mettere in gioco ingentissimi investimenti finanziari, per ridare slancio a sistemi economici provati dai tre mesi di “lockdown”. Se questa poderosa quantità di risorse venisse orientata per far finalmente decollare nuove forme di sviluppo, più sostenibili e attente all’impatto sull’ambiente; se questo poderoso impegno venisse indirizzato al compiere quella transizione che renda finalmente la nostra società a “emissioni zero”, come la crisi climatica ci chiede urgentemente e improrogabilmente di fare, allora potremmo dare a questa crisi lo straordinario senso di rappresentare anche una grandissima opportunità.

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