«Addomesticare vuol dire “Creare dei legami”»

Autore

Paolo Fedrigotti
Paolo Fedrigotti (Rovereto, 1981) si è laureato in filosofia presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano con una tesi su Dante e la filosofia medioevale. Si è specializzato nell’insegnamento secondario presso la Ssis della Libera Università di Bolzano. Ha conseguito il baccellierato in Sacra Teologia presso lo Studio teologico accademico di Trento. Nella stessa città è docente di storia della filosofia e di filosofia della conoscenza ed epistemologia all’Istituto teologico affiliato e all’Istituto di scienze religiose, nonché di filosofia e storia nei licei di Riva del Garda. È membro della Scuola di Anagogia di Bologna e autore di numerosi articoli specialistici e monografie.

Persona, Reciprocità e Conoscenza nelle pagine del Piccolo Principe

Si è soliti pensare al mondo delle fiabe come ad un universo inconsistente e privo di velleità. Tale presa di posizione non può che apparire naturale se ci si confronta con l’impasto di fantasia, incongruenze e grotteschi controsensi che il fiabesco tendenzialmente ci consegna: la sua distanza dalla concretezza del quotidianoluogo della lacerazione angosciata per il tempo che scorre di fronte alla fragilità dei beni posseduti e, insieme, spazio della possibilità, in cui ciascuno, sperimenta in mille modi l’apertura sconfinata delle proprie aspirazioni – sembra indiscutibile. Eppure, c’è chi – oggi come in passato – parla della fiaba come di un genere letterario in grado di rimandare sorprendentemente al senso più profondo delle cose e di rinviare al loro logos. Tale prospettiva pare plausibile soprattutto innanzi ad alcuni racconti dotati, nella loro semplicità, di una forza singolare, difficile da inquadrare, da cui traspare qualcosa di autentico e di tanto provocante da costringere ad un sorprendente esercizio decifrativo che parte dal loro testo per arrivare alla nostra vita e che, insieme, muove dalla nostra vita per penetrarne il testo1

Ritengo appartenga a quest’ordine di scritti l’opera più famosa di Antoine de Saint Exupery, Il Piccolo Principe, un capolavoro che – non appartenendo certamente, come spesso si crede, al novero dei libri per l’infanzia – si manifesta ad uno sguardo intelligente come un’eccezionale parabola sul mistero della vita, capace di provocare il lettore e di costringerlo ad interrogarsi sul segreto del suo errare, del suo soffrire e del suo desiderare. Tra le sue pagine più note, più citate e, sicuramente, più amate c’è quella che ritrae il Piccolo Principe a dialogo con una volpe: dopo esser giunto sulla terra ed essersi scontrato col serpente (rappresentazione potente del veleno della morte e, parallelamente, della consapevolezza esistenziale dell’uomo circa il suo limite ontologico)2, dopo essersi confrontato col fiore a tre petali (da cui ha compreso come gli uomini siano spinti dal vento qua e là perché senza radici) e con un intero giardino di rose, il protagonista s’imbatte con la sapiente bestiola dando vita ad una lunga e intensa conversazione sul cui incipit vogliamo qui sostare:

«In quel momento – leggiamo nel testo di Saint Exupery – apparve la volpe. “Buon giorno”, disse la volpe. “Buon giorno”, rispose gentilmente il Piccolo Principe, voltandosi: ma non vide nessuno. “Sono qui”, disse la voce, “Sotto al melo…”. “Chi sei?” domandò il Piccolo Principe, “Sei molto carino…”. “Sono una volpe”, disse la volpe. “Vieni a giocare con me”, le propose il Piccolo Principe, sono così triste…”. “Non posso giocare con te”, disse la volpe. “Non sono addomesticata”. “Ah! Scusa”, fece il Piccolo Principe. Ma, dopo un momento di riflessione, soggiunse: “Che cosa vuol dire addomesticare?”. “Non sei di queste parti, tu”, disse la volpe. “Che cosa cerchi?”. “Cerco gli uomini”, disse il Piccolo Principe. “Che cosa vuol dire addomesticare?”. “Gli uomini” disse la volpe, “hanno dei fucili e cacciano. È molto noioso! Allevano anche delle galline. È il loro unico interesse. Tu cerchi delle galline?”. “No”, disse il Piccolo Principe. “Cerco degli amici. Che cosa vuol dire addomesticare?”. “È una cosa da molto dimenticata. Vuol dire creare dei legami…”. “Creare dei legami?”. “Certo”, disse la volpe. “Tu, fino ad ora, per me, non sei che un ragazzino uguale a centomila ragazzini. E non ho bisogno di te. E neppure tu hai bisogno di me. Io non sono per te che una volpe uguale a centomila volpi. Ma se tu mi addomestichi, noi avremo bisogno l’uno dell’altro. Tu sarai per me unico al mondo e io sarò per te unica al mondo. (…) Se tu mi addomestichi, la mia vita sarà come illuminata. Conoscerò un rumore di passi che sarà diverso da tutti gli altri. Gli altri passi mi faranno nascondere sottoterra. Il tuo, invece, mi farà uscire dalla tana, come una musica. E poi, guarda! Vedi laggiù in fondo, dei campi di grano? Io non mangio il pane, per me è inutile. I campi di grano non mi ricordano nulla. E questo è triste! Ma tu hai dei capelli color dell’oro. Allora sarà meraviglioso quando mi avrai addomesticato. Il grano, che è dorato, mi farà pensare a te e amerò il rumore del vento nel grano”»3.

Lo stralcio riportato è ricchissimo, pieno di fascino e di possibili spunti. Vale la pena sottolinearne due, tra loro interconnessi: quello che si diparte dal concetto di addomesticamento e quello che prende corpo nell’ultima sezione della citazione, laddove Saint Exupery mostra come la costruzione di relazioni autentiche garantisca a chi le edifichi un nuovo e più profondo sguardo sul reale. Le due dinamiche paiono stagliarsi come facce della stessa medaglia: la dialettica dell’addomesticamento viene a configurarsi, infatti, come un atto attraverso cui – ammettendo altri alla dimora (domus) della nostra intimità più recondita – riusciamo ad aprirci alla bellezza dell’essere e ad uscire dai nostri nascondigli interiori ed esteriori. A ben vedere, le righe del Piccolo Principe sembrano suggerire come ogni discorso sulla conoscenza di sé e di ciò che è altro da sé sia monco se incapace di cogliere e valorizzare l’anima di ogni legame autentico, ovvero la reciprocità.

«Reciprocità – scrive Gennaro Cicchese nel suo Incontro a te. Antropologia del dialogo – è il vero nome della relazione personale. Con questo termine si intende un movimento di andata e di ritorno, nella libertà, tra due soggetti. Dopo aver preso coscienza con Scheler dell’apertura verso il mondo bisogna realizzare una radicale apertura verso gli altri e questa è possibile e giusta nella misura in cui la gratuità del dono si manifesti non soltanto come esigenza morale, ma anche come dialettica ontologica e gnoseologica: il darsi della persona, che è propriamente un carattere antropologico fondamentale, ha radici ontologiche e conoscitive. Sulla base di questa definizione si pone un compito urgente del pensiero: ridefinire l’ambito di una conoscenza che sia contemporaneamente un conoscersi l’un l’altro e un conoscere insieme, nella reciprocità»4.

Echeggiando la prospettiva espressa dalla volpe nel suo scambio col Piccolo Principe, tale posizione è assai suggestiva: mostra come la reciprocità esiga un’osmosi particolare in grado di dar luogo ad una visione del reale potenziata perché – mi sembra che ci si possa esprimere così – consoggettiva. È a partire da quest’assunto – dalla convinzione, cioè, che, in un certo qual modo, il soggetto umano non possa conseguire una conoscenza profonda delle cose senza condividerla con altri – che si può scorgere l’emergere della verità nell’io non solo come un atto contemplativo, ma pure come un’esperienza unitiva che congiunge l’io al tu (o a dei tu) e che fa dei due (o dei molti) un’unità. In quest’ottica, forse, si può comprendere appieno il compito di una filosofia concretamente aperta al reale e alla verità: essa non può porsi come una disciplina solipsistica bensì come un itinerario di pensiero compiuto insieme ad altri, come uno sfondamento della soglia5 della non conoscenza e del luogo comune, in una sorta di riappropriazione del passato capace di aprirsi al presente e al futuro perché protesa, in un continuo esodo dal proprio ego, a quel Mistero di relazione con la maiuscola che coinvolge e protegge il nostro hic et nunc.  

NOTE

  1. Cfr. P. Fedrigotti, Tre storie, due mondi, un volto. Spunti per una lettura filosofica della trilogia I nostri antenati, Cittadella, Assisi 2013, pp. 13-14.
  2. Cfr. R. Filippetti, Educare con le fiabe, Itaca edizioni, Castel Bolognese 2008, p. 127.
  3. A. de Saint Exupery, Il Piccolo Principe, Bompiani, Milano 2005, p. 91-93.
  4. G. Cicchese, Incontro a te. Antropologia del dialogo, Città Nuova, Roma 2010, p. 109.
  5. Cfr. Ibi, p. 98.

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