L’estetica della complessità e l’arte del ricomporre

Autore

Emanuela Fellin
Emanuela Fellin, pedagogista clinica, svolge la sua attività professionale, di studio, ricerca e consulenza per lo sviluppo individuale, sia con l’infanzia e l’adolescenza, che con gli adulti. Si occupa di interventi con i gruppi e le organizzazioni per la formazione e lo sviluppo dell’apprendimento e della motivazione. L’impegno di studio e applicazione è rivolto agli interventi nei contesti critici dell’educazione contemporanea, sia istituzionali che scolastici. Le tematiche principali di interesse vertono sui concetti di vivibilità, ambiente, cura e apprendimento. I metodi utilizzati sono quelli propri della ricerca-intervento e della consulenza al ruolo per lo sviluppo individuale e il sostegno alle dinamiche dei gruppi e delle organizzazioni.

Il mosaico è una delle forme d’arte più antiche e affascinanti, con radici che affondano nelle culture di tutto il mondo, dalla Mesopotamia all’Impero Romano. Ma oltre alla sua bellezza estetica, il mosaico può essere visto come una potente metafora della condizione umana, una rappresentazione visiva della nostra psiche frammentata, complessa e spesso contraddittoria.

Proprio come un mosaico è composto da innumerevoli tessere che, singolarmente, sembrano disconnesse, insieme creano un’immagine coerente, la nostra mente è un intricato insieme di esperienze, ricordi, emozioni e pensieri. Ogni tessera del mosaico può rappresentare un frammento della nostra vita: un ricordo dell’infanzia, una ferita del passato, un momento di gioia o un sogno infranto. Presi singolarmente, questi frammenti possono sembrare insignificanti o privi di senso, ma quando li osserviamo nel loro insieme, iniziamo a vedere la figura più ampia, quella che definisce chi siamo.

Nel campo della psicologia il processo di riconciliazione con le nostre esperienze frammentate è simile alla paziente costruzione di un mosaico. Ogni tessera deve essere scelta e posizionata con cura, esattamente come ogni esperienza può essere esaminata e integrata nella nostra consapevolezza. Questa ricomposizione è un atto di guarigione in quanto ci permette di dare un senso a ciò che sembrava incomprensibile, di trasformare le difficoltà in bellezza e di ricostruire la nostra identità su basi più solide e consapevoli.

Il mosaico ci insegna anche ad abbracciare la complessità e le contraddizioni della nostra natura. Così come un mosaico può includere tessere di forme, colori e materiali diversi, la nostra psiche è una combinazione di caratteristiche contrastanti. Siamo un intreccio di forza e fragilità, di amore e paura, di speranza e disillusione. E proprio come in un mosaico, è l’interazione tra questi elementi diversi che crea la nostra unicità e la nostra bellezza interiore.

L’arte del mosaico non esiste solo nell’atto della creazione, ma anche nella percezione di chi lo osserva. Il significato di un mosaico può cambiare in base all’angolo da cui lo si guarda, proprio come la comprensione di noi stessi può variare in base al contesto e all’interpretazione che diamo alle esperienze. Siamo, in un certo senso, gli spettatori del nostro mosaico interiore, costantemente impegnati a decifrare e reinterpretare la nostra corrispondenza alla luce delle nuove esperienze e delle riflessioni personali.

Il mosaico, dunque, non è solo un’opera d’arte visiva, ma uno specchio della nostra complessità psicologica. Ci invita a riflettere su come i frammenti delle nostre esperienze possano essere uniti per formare un quadro più ampio, coerente e significativo. Nel creare o osservare un mosaico, siamo chiamati a fare lo stesso con la nostra vita, a riconoscere e accettare le nostre parti spaiate, a dare loro un posto nel tutto e a trovare la bellezza e l’armonia anche nelle imperfezioni.

Alla fine siamo tutti mosaici viventi, composti da un’infinità di piccole tessere che, una volta messe insieme, raccontano la storia della nostra esistenza.

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