Simonino

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Enrico Franco
giornalista dal 1977 dopo gli studi di economia, si è occupato di cronaca ed economia percorrendo tutti i gradini della professione giornalistica, fino all’incarico di direttore del Corriere del Trentino e del Corriere dell’Alto Adige fin dalla loro nascita, nel novembre 2003 e successivamente anche del Corriere di Bologna.

L’uso politico della giustizia non è un’invenzione recente, bensì un’antica barbarie che ha attraversato ogni latitudine. La via per così dire meno dolorosa prevede l’indulgenza nei confronti degli amici o dei reati in cui inciampano frequentemente, quella più efferata si consuma nella condanna degli innocenti perché scomodi o semplicemente perché serve un capro espiatorio che distolga l’attenzione del popolo da un esame di realtà. L’antisemitismo, un germe mai debellato che ha tristemente ripreso vigore anche in Europa, assolve proprio a tale funzione. Ecco perché combatterlo dev’essere una priorità delle democrazie, prima ancora che degli ebrei: la sua diffusione, infatti, è il sintomo evidente di una società malata che insegue i fantasmi anziché risolvere i propri problemi.

Al riguardo è paradigmatica una vicenda del passato che il Fai, Fondo per l’ambiente italiano, ha il merito di riportare a galla con un’iniziativa rivolta in primo luogo al mondo dell’istruzione e, parallelamente, a chiunque non ami vivere nell’ignoranza. Succede a Trento dove, il 12 luglio, in pieno centro storico è stata inaugurata l’Aula del Simonino, prima conosciuta come Cappella del Simonino. Qui, nell’attuale Palazzo Bortolazzi, c’era la casa natale di Simone Lomferdorm, morto in circostanze oscure quando aveva poco più di due anni: il suo corpo venne ritrovato il 24 marzo 1475 nel fossato della casa dell’«ebreo Samuele». Del presunto delitto, in piena intesa tra le istituzioni civili e religiose, furono imputati tutti i «giudei», utilizzando la falsa accusa del sacrificio di un bambino per ricavarne il sangue da utilizzare nei riti pasquali. Ad alimentare la calunnia intervenne con tenacia la predicazione tutt’altro che disinteressata di padre Bernardino da Feltre: volendo diffondere i suoi Monti di Pietà dove erogava prestiti di denaro, il sacerdote tacciava di usura la «concorrenza» ebraica (nata forzatamente nel tempo in cui agli abitanti dei ghetti erano precluse moltissime attività tranne quella creditizia vietata ai cattolici). Gli ebrei della città, uomini e donne innocenti, furono torturati per estorcere loro le confessioni necessarie in assenza di prove e infine messi al rogo; solo a chi si convertiva al cattolicesimo fu «concessa» la decapitazione. Questa tragedia ha prodotto una ferita che ha sanguinato per secoli e che è stata cicatrizzata solo sul finire del secolo scorso. Dopo l’ingiusta sentenza contro gli appartenenti alla piccola comunità ebraica (una quindicina di persone), gli israeliti furono banditi da Trento e i vertici dell’ebraismo emanarono il cherem (una sorta di interdetto) che impediva ai fedeli di vivere nel territorio «maledetto». Da notare che inizialmente Papa Sisto IV cercò di impedire l’ingiusto esito del processo, ma le pressioni locali furono tali che la Chiesa finì per accettare il verdetto e alimentare il culto del Beato Simonino, protettore dei fanciulli. Le spoglie furono esposte nella Chiesa dei Santi Pietro e Paolo e vari spazi furono dedicati alla sua celebrazione, diventando tappe della processione «contro i perfidi giudei» che ogni dieci anni ha attraversato il nucleo urbano fino al 1955. La verità venne ristabilita solamente nel 1965 quando il culto fu abolito grazie agli studi di monsignor Iginio Rogger e al coraggio del vescovo Alessandro Maria Gottardi. Occorse tuttavia altro tempo affinché avvenisse la pacificazione con l’universo ebraico, visto che il cherem fu revocato nel 1992.

La vicenda ora torna a galla grazie al Fai con un progetto moderno che propone un messaggio di pace e tolleranza. Il presidente Marco Magnifico – con la collaborazione di Daniela Bruno, vicedirettrice generale per gli Affari culturali, che ha materialmente curato il tutto – non si è limitato a disporre il restauro di preziosi affreschi e arredi sacri, ma ha voluto la realizzazione di un «racconto sonoro» scritto dagli esperti del Fai (anche con la collaborazione tra gli altri di Diego Quaglioni, Renzo Fracalossi, Emanuele Curzel) e prodotto da Chora Media. I visitatori dell’Aula, immersi nel buio per favorire la concentrazione, con efficaci aperture di luce per ammirare gli affreschi e gli interni, seduti su panche di legno come quelle di un coro, possono così ascoltare con cuffie wi-fi di alta qualità la voce dell’attrice trentina Daria Deflorian accompagnata da effetti sonori essenziali. La narrazione ripercorre i fatti offrendo un inquadramento contemporaneo poiché quanto è accaduto «insegna che la religione non è immune dal potere politico, e che, in nome di essa, si sono consumati genocidi e stermini, dagli armeni agli ebrei, e ancora oggi si muovono guerre (…) Insegna che, come l’antisemitismo, ogni forma di razzismo e di intolleranza, non solo religiosa, nasce e prolifera dove non c’è cultura. Dove non c’è conoscenza: della verità, della storia e dell’altro». L’Aula (www.auladelsimonino.it) sarà aperta dal mercoledì alla domenica dalle 10 alle 13.30 e dalle 14.30 alle 18 con l’audio racconto programmato ogni 45 minuti. 

Nel corso dell’inaugurazione, il presidente Magnifico ha parlato di «dramma del risorgente antisemitismo (più 400% di casi rispetto al 2023)», spiegando perché l’ex cappella è diventata «aula». Perso il valore religioso con la cancellazione del culto, lo spazio viene adibito a un insegnamento «che svolga in primo luogo per le giovani generazioni, ma anche per tutta la collettività, una fondamentale funzione educativa in grado di contrastare con la diffusione di una corretta conoscenza gli irreparabili guasti prodotti da una lettura distorta e da una conseguente interpretazione truffaldina dei fatti, ingredienti essenziali per  seminare nel mondo intolleranza, conflitti sociali, odio razziale, ingiustizia civile e quanto sta rendendo sempre più fragile e problematica la convivenza tra i popoli». 

Se da un lato, guardando alla cronaca quotidiana nazionale e internazionale,  si rimane sgomenti nel constatare come la storia poco abbia insegnato, dall’altro c’è la consapevolezza che cultura e conoscenza sono gli ingredienti indispensabili per tutelare una civiltà resa sempre più fragile dall’aumento delle diseguaglianze.

Enrico Franco

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