Semplice non vuol dire banale. Il banale è ciò che sta sotto il naso… quasi quasi nemmeno te n’accorgi. E banalizzare è, in qualche modo, deridere. Si deride ciò che è sciocco e lo sciocco è tale perché è insipido: così, il semplice viene deriso come sciocco e insipiente.
Il sempliciotto, altro modo estremo di identificare il semplice: uno che non ha senso critico e, per questo, è facilmente manipolabile. Se il semplice banale sta sotto il naso, il sempliciotto è uno che si fa prendere per il naso.
Che brutte cose si sentono fuori dalla filosofia. E nella filosofia che cosa si sente? O forse è meglio dire: come si sente? Sì, è meglio dire come si sentono le cose in filosofia, perché le cose… sono sempre le stesse per tutti. Cambia solo il modo di vederle. Esiste un modo di vedere le cose che si chiama considerare. E basta già questo verbo per far cambiare la visione delle cose.
Nella diversa visione delle cose, l’opposizione non è tra critico e sciocco, ma tra nobile e ignobile. Il nobile vede in modo alto le cose, l’ignobile le vede in modo basso. L’ignobile vede in modo basso anche le cose alte; il nobile vede in modo alto anche le cose basse. Questa è la considerazione, il “considerare”. Se uno considera da dove viene il verbo considerare, si tuffa subito nel meraviglioso. Sidus è la stella. Se con-sideri, tu sei con le stelle! Sei una stella che brilla dall’alto! Cioè vedi dall’alto! Questo è l’atto contemplativo. E porti in alto le cose basse.
Se stando in basso le cose si ostacolano, stando in alto le cose sono tutte in alto: dall’alto tutto è alto perché tutto c’entra con tutto. Tutto è visto come collegato, senza fare una piega. Ecco! Senza fare una piega: sine plica, simplex. Ecco il “semplice”.
Il semplice è senza sforzo perché non ha pieghe, ma entra in tutte le pieghe linearmente: come un filo aggrovigliato è pur sempre un unico, semplice filo, che volteggia divertito nelle variate capovolte cui sembra essere costretto.
Il semplice è qualcosa di geniale: il genio semplifica! Non banalizza, né è banale. Mostra le pieghe entrando senza fatica in esse. Questa è la sua nobiltà e bellezza. La sua genialità va di pari passo con la sua ingenuità: resta sempre nella genesi, nell’origine, e perciò è sempre originale!
Questo fa del semplice un che di affascinante. Scioglie e meraviglia per l‘innocenza che emana; sicuro e misticamente purificato languisce in commosse esperienze; silente e mite penetra l‘indicibile con emozione.
Si impara tanto dalla semplicità, perché è contagiosa, è uno scoprire e mostrare pacatamente l‘incanto che in tutti albeggia.
Ma il semplificare è la scoperta di una grande densità che nell’anima si esprime nel guardare, nell’ascoltare, nello scrivere e nel parlare. Quattro modi di dire l’anima umana. E quattro attività che vanno coltivate secondo il loro sapore tipico, così da saper guardare, saper ascoltare, saper scrivere e saper parlare.
In questi semplici modi noi abitiamo i cieli, in una continua conversazione («conversatio nostra in caelis est», Fil 3,20), così da scioglierci emotivamente mentre percepiamo l‘intensità che in tutti abita.