Educazione e umiliazione

Autore

Emanuela Fellin
Emanuela Fellin, pedagogista clinica, svolge la sua attività professionale, di studio, ricerca e consulenza per lo sviluppo individuale, sia con l’infanzia e l’adolescenza, che con gli adulti. Si occupa di interventi con i gruppi e le organizzazioni per la formazione e lo sviluppo dell’apprendimento e della motivazione. L’impegno di studio e applicazione è rivolto agli interventi nei contesti critici dell’educazione contemporanea, sia istituzionali che scolastici. Le tematiche principali di interesse vertono sui concetti di vivibilità, ambiente, cura e apprendimento. I metodi utilizzati sono quelli propri della ricerca-intervento e della consulenza al ruolo per lo sviluppo individuale e il sostegno alle dinamiche dei gruppi e delle organizzazioni.

Come sempre più spesso accade, quando ci riuniamo discorriamo su quale potrà essere il tema del successivo numero della rivista.

Come sempre più spesso accade, passiamo ricchi e interminabili minuti a scambiarci pensieri su ciò che accade in questi tempi. 

Pensiamo a chi possiamo coinvolgere per aiutarci a comprendere meglio e da punti di vista differenti il tema scelto.

E’ accaduto anche questa volta, con la conferma che, leggendo gli scritti che vengono spediti prima di pubblicarli, riusciamo a dare un valore nuovo, diverso, complesso all’argomento che in questo numero parla dell’umiliazione.

Se l’umiliazione possa tradursi, oltre che in mortificazione di sé, in un’occasione o opportunità per sentirsi umili e scoprire il valore dei propri limiti e dell’umiltà, è una domanda che può portare a non poche scoperte di sé stessi e del modo di stare al mondo.

Certamente tutto dipende da quanto e come il sentimento di umiliazione incide nella personalità e nell’esperienza e dalla relazione nella quale l’atto di umiliazione si verifica. Può accadere proprio per questo che una sofferenza emergente dal sentirsi offesi e umiliati conduca ad accorgersi dell’opportunità di mettere mano in modo diverso a sé stessi.

Pensiamo ad esempio alle dipendenze, di vario tipo e non solo quelle più gravi. Il confronto sociale e familiare porta spesso a situazioni di vera e propria umiliazione intesa in senso di esclusione e di offesa, di dolore e di perdita. L’umiliazione può essere intesa come limite o come possibilità, è una questione di quale valore diamo alla relazione che si instaura con l’altro.

Potremmo dire, quindi, che è una questione di soglia: come ogni emozione connessa al sentimento che ne deriva, si tratta di considerarne gli aspetti molteplici e di riconoscerne gli effetti plurali sui vissuti e sull’esperienza.

Proprio quello che abbiamo cercato di fare in questo numero di inizio anno di Passion&Linguaggi.

Sollecitati da un’inopportuna considerazione di chi governa in questo momento l’educazione in Italia, abbiamo ritenuto di sottoporre a critica un utilizzo mortificante e escludente dell’umiliazione: il contrario della funzione emancipante dell’educazione, anche in base al dettato costituzionale.

Le molteplici sfumature del rapporto complesso tra umiltà e umiliazione, all’insegna della domanda se si possa riconoscere il valore della prima senza passare per la mortificazione della seconda, trovano, nei contributi letterari, esperienziali e filosofici, di Piersanti e di Alessandro e Generoso Picone, ma anche nel taglio politico dei lavori di Iacono e Carbonetto, un’opportunità di approfondimento che consente di comprendere alcune delle molteplici declinazioni di un tema così rilevante per la vita individuale e sociale.

Invito tutti a riflettere quale significato diamo a questa parola e alle azioni e reazioni che può avere nei contesti politici, sociali e familiari.

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