Nelle prime pagine de “I Miserabili” Victor Hugo ci presenta la vicenda dell’ex-galeotto Jean Valjean che, uscito dal carcere, dove era stato imprigionato per un furto commesso per fame, cerca in una notte scura e piovosa un posto dove poter riposare. Chiede ospitalità nelle case di Digne, ma, vedendolo così smandrappato e losco, nessuno si rende disponibile ad ospitarlo. Nessuno tranne Myriel, che gli apre la porta di casa e lo accoglie con sé. Myriel è il vescovo di quel luogo e, senza presentarsi come tale, accetta di ospitare l’uomo, di rifocillarlo e di offrirgli un posto caldo dove passare la notte. Per tutta risposta Valjean prende l’argenteria che trova nella casa e scappa nottetempo. Viene catturato dai gendarmi e riportato dal vescovo per fagli restituire la refurtiva ed essere denunciato. Ma il vescovo non solo non lo denuncia, ma dice alle guardie che quell’argento glielo aveva regalato lui. Ai gendarmi non resta altro che lasciar libero Valjean. Da quel momento la vita di Valjean sarà caratterizzata dallo sforzo indefesso e dal continuo tentativo di dimostrarsi degno di quella fiducia gratuitamente ricevuta. Questo gesto di fiducia estrema del vescovo, fiducia libera e vulnerabile, cambia l’animo di chi se ne vede investito. È questo un tipico esempio di quella che Howard John Neate Horsburgh (1960) definisce therapeutic trust. Una “fiducia terapeutica”, dunque, in virtù del quale, in un’interazione fiduciaria, “una delle ragioni della disponibilità [da parte dell’affidante] a sostenere il rischio di una perdita monetaria è la credenza che questa possa indurre [l’affidatario] ad agire in modo più onorevole di quanto egli avrebbe originariamente inteso” (p. 346). Secondo Horsburgh, la “fiducia terapeutica” va intesa propriamente come un “affidamento che mira ad incrementare l’affidabilità della persona cui si rivolge” (ibidem). L’efficacia della fiducia terapeutica dipende fortemente dalla possibilità che l’affidatario ha di conoscere le intenzioni e le ragioni che stanno alla base della decisione dell’affidante. Questa visione coglie appieno la logica della scelta del vescovo Myriel che vuol far leva proprio sull’effetto “terapeutico” che un atto di esplicita fiducia può avere nei confronti di chi ne è oggetto, tanto più se tale fiducia sembra assolutamente rischiosa e irragionevole. Il vescovo si fida due volte: innanzitutto decide di ospitare l’ex galeotto per la notte e, successivamente, dopo il furto, non solo sceglie di non denunciarlo, ma decide di garantire per lui regalandogli l’argento per iniziare una nuova vita. La differenza fondamentale tra le due scelte sta proprio nelle ragioni che le animano, nelle diverse finalità che i due atti fiduciosi si pongono. Mentre nel primo caso l’unico obiettivo era quello di dare ospitalità ad un diseredato, nel secondo caso la fiducia è finalizzata a suscitare l’affidabilità di Valjean. Ed è proprio questo secondo gesto, le cui intenzioni il vescovo rende esplicite a Valjean, che innesca il suo personale processo “terapeutico” di redenzione.
Prendere sul serio questo tipo di dinamica che recenti studi comportamentali hanno osservato sperimentalmente (Dufwenberg e Gneezy, 2000; Fehr e List 2004; Pelligra, 2007) significa operare una piccola rivoluzione copernicana. La nostra psicologia del senso comune, infatti, ci porta a pensare che la ragione che ci spinge a fidarci di qualcuno sia la sua intrinseca affidabilità. In questo schema, dunque, è l’affidabilità dell’altro a giustificare la nostra fiducia in lui. Ma questa è solo una parte della storia. L’idea di fiducia terapeutica, infatti, suggerisce che il nesso causale possa anche essere invertito: è la mia fiducia a generare la tua affidabilità. Questo fatto è rilevantissimo, per esempio, nell’ambito di tutte le attività di progettazione istituzionale. Per proteggerci da possibili comportamenti opportunistici si progettano regole che minimizzino o eliminino del tutto la necessità di fidarsi degli altri. Così facendo, se da una parte riduciamo il rischio di opportunismo dall’altra impediamo al meccanismo della fiducia terapeutica di attivarsi ed in questo modo favoriamo proprio quell’opportunismo che originariamente avremmo voluto eliminare.
Bibliografia
Dufwenberg, M., Gneezy, U., (2000) “Measuring Beliefs in an Experimental Lost Wallet Game”. Games and Economic Behavior 30(2), pp. 163-182.
Horsburgh, H.J.N. (1960). “The Ethics of Trust”. Philosophical Quarterly 10, pp. 343-354.
Fehr, E., List, J., (2004). “The Hidden Costs and Returns of Incentives-Trust and Trustworthiness among CEOs”. Journal of the European Economic Association 2(5) pp. 743-771.
Pelligra, V., (2007). I paradossi della fiducia. Scelte razionali e dinamiche interpersonali. Bologna. Il Mulino.