Claudicat ingenium, delirat lingua
Lucrezio, De rerum natura, 453
La prima cosa che cerco di insegnare ai miei studenti di “Psicopatologia del linguaggio” è di non pensare alla follia come al luogo dell’assenza di ragione. L’assenza di ragione non esiste perché non esiste la ragione stessa. Cioè, per dirla con una formula analitica, “ragione” non è una parola con “riferimento diretto”, come il Duomo di Milano o Ugo Morelli. Nomi, quindi, che indicano persone o cose “uniche”. La ragione è invece una parola-categoria molto ampia con una quantità imbarazzante di accezioni. È come l’autismo: definito in modi tanto diversi da chiamarsi oggi “disturbo dello spettro autistico”. Non parliamo quindi di “ragione” ma di “spettro della razionalità”: forse il più controverso e difficile da delimitare. Nondimeno la crisi della ragione affonda le sue unghie nelle carni del mondo quando rinunziamo a praticare comportamenti ragionevoli nella vita individuale, sociale, politica, religiosa. Per questo motivo penso che anche tra i pazzi esista la ragione: è solo che non siamo capaci di trovarla. Capire ciò che degli altri ci sembra irrazionale è il compito che deve assumersi chi vuole esercitare il mestiere dello psicopatologo. Oppure chi vuole fare filosofia come un operaio della ragione in quanto “evidenza naturale”: termine usato dalla fenomenologia per indicare la “consequenziale naturalità dell’esperienza”. Una ragione sempre critica, quindi, ma che non tematizza l’ovvio e dà per scontato che esistano punti fermi nel vortice ingannevole e infinitamente circolare del dubbio.
Ludwig Binswanger, allievo scomunicato di Heidegger, fondò negli anni cinquanta, l’antropoanalisi che, assieme alla psichiatria bergsoniana di Eugène Minkowski, costituirono le più importanti branche della psichiatria filosofica novecentesca. La loro opera è una delle più anticonformiste letture dell’idea di “ragione”. Basti pensare che Minkowski definì la schizofrenia “razionalismo morboso”, un procedimento cognitivo che consiste nell’applicare sino alle estreme conseguenze una logica neutralmente cibernetica che entra in un loop infinito. Se non si è in grado infatti di distinguere fra le diverse forme dell’idea di ragione, si corre il rischio di assimilarle tutte ad una sola funzione della mente umana: quella “calcolistica” che regola i procedimenti logici con metodo infallibile (anche perché opera su dati predefiniti in partenza). Questa funzione gioca certamente un ruolo importante nella cognizione umana, tanto che sulla metafora mente=computer sono state fondate le scienze cognitive e la prima Intelligenza Artificiale. Se siamo, tuttavia, radicalmente monisti come lo era Spinoza, sappiamo che la mente non è altro che il cervello che produce non solo algoritmi ma anche emozioni, sentimenti, stati d’animo, false credenze e quante altre elaborazioni sinaptiche provengono dal resto del corpo, attraverso il sistema nervoso, percettivo, neuromotorio, bio-connettomico. Ecco perché quando applichiamo l’idea di ragione solo alla capacità calcolistico-deduttiva rischiamo di confondere i corpi biologici con un’astratta macchina cartesiana del pensiero. Esattamente come accade nella schizofrenia e nella paranoia, che non sviluppano affatto discorsi senza logica ma discorsi deliranti perché fondati sull’elaborazione ricorsiva di un unico contenuto.
Tra i tanti casi studiati da Binswanger, uno illustra perfettamente questo concetto. Viene descritto in Tre forme di esistenza mancata (1956) e parla di un paziente schizofrenico, padre di una bambina malata di cancro, che in occasione dell’ultimo Natale della figlia, le fa trovare sotto l’albero una bara. L’episodio è certamente tra i più sconcertanti per un uditorio empatico. Superata la sorpresa iniziale per la bizzarrìa della trovata, resta l’offesa morale contro chi ha violato i sentimenti più elementari (tatto, sensibilità ecc.) o lo stupore per l’estrema irrazionalità del gesto. Adottando l’antropoanalisi per quel caso in apparenza incomprensibile, Binswanger capisce che in realtà quel padre “snaturato” non ha fatto altro che applicare in maniera inesorabile una regola razionalmente “legale” per tutti: si fa un regalo perché qualcuno ha, o può avere, bisogno di qualcosa. I genitori di una ragazza che entra all’Università le regalano un pc. Se ti vedo con un maglione sdrucito te ne regalo uno nuovo, etc. L’algoritmo messo in atto in quel caso è quindi: «Se mia figlia deve morire Allora avrà bisogno di una bara». Ciò che appare irrazionale non è affatto la violazione di una regola logica quanto l’inconscia innaturalezza con cui viene applicata. Nella fattispecie la naturalezza di scegliere un altro regalo, non più ispirato ad un razionalismo morboso, ma al sentimento (regalare qualcosa solo per far felice una bambina; portarla in viaggio con sé; coccolarla come piace a lei; etc). E perché quel padre non lo fa? Perché la sua cognizione non ha altra scelta, la sua “ragione” non conosce altre vie. La psicosi è innanzitutto una “perdita della liberta” di ragionare diversamente, come sia Heidegger che Bergson hanno suggerito. La schizofrenia non è una perdita della ragione ma una “perdita dell’evidenza naturale” (Wolfgang Blankenburg).
Lo stesso Binswanger ci apre la strada a capire da cosa sia determinata quella che spesso ci sembra una crisi della ragione. Per lui la schizofrenia non è un’infrazione cosciente alla normatività razionale, ma una “modalità di esistenza”. Per questo i gesti e i discorsi degli schizofrenici ci sembrano pazzeschi. La loro modalità di esistenza è la stramberia, come quella della paranoia è il complotto, e della melancolìa è la scomparsa del futuro. Vivere in una di queste prigioni ontologiche può generare un conflitto, un omicidio, un suicidio. La ragione abita sempre una modalità di esistenza. Ma talvolta si sclerotizza in quella dimora. Si annulla nell’unicità della sua Ümwelt. Perde la speranza di recepire altre possibilità. Comincia a tematizzare l’ovvio, a perdere ogni riferimento normativo, ogni pragmatica naturale. Laddove il rinculare ricorsivo del dubbio ci mette con le spalle al muro si palesa d’improvviso ai nostri occhi quella che possiamo chiamare, appunto, “crisi della ragione”.
La tesi che vorrei qui sostenere è che l’“evidenza naturale” non è altro che il frutto di un universo cognitivo fondato sulla specie-specificità etologica del linguaggio. Non esistono animali schizofrenici o paranoici. Per questo, scrive Aristotele nella Politica, la voce inarticolata degli animali può esprimere solo dolore o piacere, mentre la voce articolata di cui sono fatte le parole umane “è fatta per esprimere ciò che è giovevole e ciò che è nocivo e, di conseguenza, il giusto e l’ingiusto: questo è, infatti, proprio dell’uomo rispetto agli altri animali, di avere, egli solo, la percezione del bene e del male, del giusto e dell’ingiusto e degli altri valori” (II, 1253). La ragione come “evidenza naturale” è quindi propria dell’uomo. Nessun animale potrebbe mai perdere l’evidenza naturale perché non ha le parole e, quindi, la cognizione linguistica per interrogarsi. Per il sapiens, invece, l’evidenza naturale non è un punto di partenza, ma un percorso discorsivo che non sempre ci porta a destinazione. Solo l’umano, quindi, può incorrere nella crisi della ragione, e ripiegando all’infinito nei dubbi perdere l’appropriatezza sociale delle parole e dei discorsi. La perdita dell’evidenza naturale, d’altrocanto, non è una prerogativa esclusiva degli schizofrenici. Lo studio del linguaggio e dei discorsi dei no-vax, ad es., mostra le stesse caratteristiche. Facciamo qualche esempio:
“Il mio cervello è teleguidato, perseguitato da raggi elettromagnetici che, con la telepatia televisiva artificiale mi legge il pensiero. Sono al centro di un complotto ordito da politici che mi influenzano con queste onde attraverso radio e televisione. Questa storia deve finire perché, è un grave reato (peggiore di qualsiasi assassinio) entrare, con mezzi violenti, nel cervello umano allo scopo di carpire quanto di più caro, geloso e intimo ognuno ha nel proprio cervello” (Soggetto schizo-paranoide del Mandalari di Messina, in Pennisi, 1998)
“Ci iniettano il mercurio nelle nostre vene collegate ai 5G per farci diventare piccoli robot. Già prima della pandemia Bill Gates aveva intenzione di iniettarci un microchip per poi controllare chiunque attraverso un software. (…) La somministrazione del vaccino ci trasforma in uomini metallici in grado di attrarre calamite al braccio, ovvero nel punto in cui ha ricevuto la dose” (No-vax, Generale Pappalardo, in Veneziani 2021)
“Vogliono sostituire uomini con macchine, inserirci dei chip, dei nano robot, e chissà se non ce li hanno già infilati nel sangue” (No-vax Enrico Montesano, in Fanpage.it)
“la vaccinazione non può essere imposta, in modo totalitario, ai cittadini. Una sorta di microchip, infatti, viene posta sotto la pelle di ogni persona, in modo che in qualsiasi momento possa essere controllata dallo Stato in merito alla salute e ad altre questioni che possiamo solo immaginare. Deve essere inoltre chiaro che non è mai moralmente giustificato sviluppare vaccini tramite l’uso di cellule di feti abortiti» (no-vax Cardinale R. Burke, in Open.online.it)
“il
‘golpe
globale’ su
cui
si
fonda
il nuovo
Leviatano
tecno‐sanitario
del
capitalismo terapeutico (…) comporta
una
tellurica
riorganizzazione
del
modo
della
produzione
(…) dacché
la
nuova
razionalità
(…) segna
l’apoteosi
dei
colossi
del
Big
Tech
e
del
Big
Pharma,
dell’e‐commerce
e
del
finanz‐capitalismo
” (Fusaro, 2021)
“i governi amano le pandemie per lo stesso motivo per cui amano la guerra: permettono loro di imporre un controllo della popolazione che in altre circostanze non sarebbero mai permesse. Persone come Bill Gates ed Anthony Fauci hanno pianificato la pandemia da decenni” (Robert Kennedy, guru no-vax)
“ Il Green Pass è destinato a diventare l’embrione della futura tessera di identificazione digitale a cui mira il Grande Reset in via di attuazione. (…) Tutto ciò è confermato dal progetto di Recovery Fund, che si pone lo stesso obiettivo del “Grande Reset”. Credo che la nuova normalità in cui stiamo vivendo non finirà coi vaccini, ma continuerà nel tempo, con la rivoluzione digitale e la rivoluzione verde” (Carlo Freccero, La Stampa)
“il
distanziamento
si
è
potuto
realizzare senza
difficoltà (…) perché i dispositivi digitali avevano
abituato
da
tempo
a
dei
rapporti
virtuali
a
distanza.
Epidemia
e tecnologia
qui
si
intrecciano
inseparabilmente.
E
non
è
certo
sorprendente che
il
capo
della
cosiddetta
task
force
nominata
dal
governo
(…)
abbia
subito
annunciato
che la
messa
in
opera
del
5G
contribuirà
ad
evitare
ogni
possibilità
di
contagio
– cioè
di
contatto
–
fra
gli
esseri
umani” (Agamben, 2020: §.14)
“I
professori
che
accettano
–
come
stanno
facendo
in
massa
–
di
sottoporsi alla
nuova
dittatura
telematica
e
di
tenere
i
loro
corsi
solamente
online
sono il
perfetto
equivalente
dei
docenti
universitari
che
nel
1931
giurarono fedeltà
al
regime
fascista.” (Id:§.15)
“E
il
controllo
che
viene
esercitato
tramite
videocamere
e
ora
attraverso
i
telefoni
cellulari,
eccede
di
gran
lunga
ogni forma di
controllo
esercitata
sotto
regimi
totalitari
come
il
fascismo
o
il nazismo” (Id: §.10)
“Tutti sono minacciati da pratiche discriminatorie. Paradossalmente, quelli ‘abilitati’ dal green pass più ancora dei non vaccinati (…) dal momento che tutti i loro movimenti verrebbero controllati e mai si potrebbe venire a sapere come e da chi” (M. Cacciari-G.Agamben, XI/2021)
Dietro queste frasi di diversa intensità e forza culturale si osservano, tuttavia, due elementi tipici della struttura di tutti i deliri bizzarri: il complotto e la meccanizzazione dei corpi. I cervelli vengono controllati da dispositivi elettronici (secondo il periodo storico: onde elettromagnetiche, microchip, cellulari 5G, etc.), che trasmettono informazioni ai complottisti. Questi ultimi possono variare dagli extraterrestri, ai medici che gestiscono manicomi e ospedali, a intere reti di potere scientifico-politico locali, nazionali e mondiali. Questi deliri bizzarri posano, a loro volta, su deliri lucidi, tipici degli stati paranoidei. Questi ultimi sono particolarmente pericolosi perché verisimili. Per esempio il complottismo si aggancia a colti discorsi sulla storia dei regimi nazisti, fascisti, cinesi, americani, capitalisti e comunisti, etc. Difendere i propri deliri bizzarri diventa così difendere l’intimità dei propri pensieri, la privacy, i diritti civili, la Costituzione. I deliranti diventano i resistenti, i partigiani, i prigionieri di Auschwitz che sfilano legati col filo spinato e la lugubre uniforme degli internati nei campi di sterminio. Al contrario chi non “resiste” e non si ribella, diventa complice dei despoti che hanno permesso l’affermarsi delle dittature.
È evidente che nessuno di questi discorsi è privo di ragione. Come nel caso citato da Binswanger, anche qui se prendiamo quale presupposto logico l’esistenza del grande Reset tutto il resto diventa una variante consequenziale. Se noi pensiamo di essere minacciati, allora reagiamo. Inoltre le nostre decisioni o le adesioni ai deliri di comodo, possono nascondere la paura del vaccino. Come diceva Jung nell’inconscio tutto è connesso con tutto. Non speriamo, quindi, di interrompere un inarrestabile processo di razionalismo morboso. Ogni spiegazione fattuale genera altre domande che generano altre spiegazioni, senza mai arrivare alla fine. Quando si arriva a tematizzare l’ovvio l’evidenza naturale appare ormai lontana.
Ma c’è un modo per evitare di sprofondare in queste sabbie mobili cognitive? La psicopatologia del linguaggio ci viene in soccorso cercando di distinguere fra tutti i discorsi che ci sembrano dotati di ragione e che sono sempre causati dalle attività discorsive degli esseri umani. La distinzione è riassunta nello schema della fig.1. La prima colonna (viola) si riferisce a qualcosa che non può esistere neppure nei disturbi mentali (a meno di deficit organici molto gravi, non di natura cognitiva). Non esistono ragioni discorsive che non abbiano alcuna logica. Per es. negli scacchi spostare i pezzi completamente a caso e senza nessuna regolarità. La seconda colonna (verde) – razionalità intrinseca – si riferisce a logiche coerenti seguite solo da un individuo (regola privata secondo Wittgenstein). Ad es., negli scacchi, muovere i pezzi senza rispettare le regole ma sempre in uno stesso modo (l’alfiere sempre come un cavallo o la torre sempre come l’alfiere). La terza colonna (avion) – razionalità estrinseca – si riferisce a logiche coerenti rispetto a una norma sociale condivisa seguita da gruppi più o meno estesi. Ad es., negli scacchi, muovere i pezzi così come previsto dalla norma che seguono tutti i giocatori di scacchi. Infine nella quarta colonna (blu scuro) le regole perdono la loro informalità. La normativa fissata dalla dialettica transnazionale della comunità scientifica definisce rigorosamente i contenuti delle proposizioni sulla base di sperimentazioni in condizioni sempre controllate e ripetibili. Questo tipo di razionalità esprime processi normativi fondati su contenuti che hanno un carattere progressivamente cumulativo e superiore. Come, ad es., nella partita tra campioni di scacchi dove la qualità dell’elaborazione non è l’obbedienza alle regole di spostamento dei pezzi ma il calcolo delle previsioni di ogni futura mossa e delle loro combinazioni.
La dialettica all’interno della comunità può produrre continui mutamenti e innovazioni tutti giustificati da risultati sperimentali e ripetibili, ma non può ritornare indietro rispetto a ciò che ormai è un punto acquisito, un punto di non ritorno. Nessun fisico, ad es., può mettere in discussione che la terra sia piatta o che la forza di gravità non esista. Questi punti di non ritorno, che non sono certo limitati alle scienze fisiche o naturali, ma a tutte le scienze, comprese le scienze umane e sociali, non possono più essere oggetto di tematizzazione. Sono l’ovvio. Naturalmente ciascun individuo o gruppo può tematizzare ciò che vuole, compreso l’ovvio. Ma la sua sarà un’opinione senza più rapporto con la verità fattuale, con qualsiasi “evidenza naturale”. Neppure la ragione scientifica, tuttavia, può riferirsi direttamente alla verità, inattingibile negli universi di discorso. La tendenza alla verità è un’istanza etica più che ontologica.
Fig1. Livelli biolinguistici della ragione
Essa si differenzia dalle altre (intrinseche ed estrinseche) solo per un maggior controllo logico sul linguaggio in cui vengono formulati i suoi enunciati. La nozione di “evidenza naturale”, valorizzata dalla psicopatologia del linguaggio, coglie molto meglio la natura valoriale delle diverse idee di ragione. Questo accade proprio perché tutto il ragionamento e i comportamenti umani sono solo di natura linguistica, quindi, per una prospettiva naturalistica, innanzitutto bio-logica. Il motivo per cui non possiamo convincere uno schizofrenico, un paranoico o un no-vax, al di là di qualsiasi evidenza naturale, è che la razionalità linguistica ci sovrasta e ci vive senza neanche potercene accorgere
«i logoi (ossia i discorsi e le parole) sono i respiri dell’anima. (…) Anima e discorsi sono invisibili perché invisibile è anche l’aria che respiriamo» (Diogene Laerzio, VP, VIII, 30)
Antonio Pennisi (Dipartimento di Scienze cognitive – Università di Messina)
Abbreviazioni bibliografiche
Pennisi, A (1998), Psicopatologia del linguaggio Storia, analisi, filosofie della mente, Carocci
Veneziani, G. (2021), Il decalogo truffa. I farmaci sono magnetici e fanno cambiare sesso. Le bufale dei no-vax, Libero, 6/9/2021
Fusaro, D. (2021) Golpe globale. Capitalismo terapeutico e grande reset, Piemme (2021)
Agamben, G. (2020) A che punto siamo. L’epidemia come politica, Quodlibet
Agamben, G.- Cacciari, M. (2021) A proposito del decreto sul “green pass”, Diario della crisi del 26/07/2021