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Per un’euristica della meraviglia

Autore

Lavinia Mainardi
Laureata in filosofia con una tesi in estetica nell'anno 1994 presso l'Università degli studi di Bologna, Lavinia è una curiosa, ambientalista, studiosa di estetica e di filosofia del paesaggio, semiotica, iconologia, iconografia e visual studies

La frattura dicotomica tra natura e cultura, retaggio di una gnoseologia di matrice cartesiana, amplificata da una concezione finalistica ed autoreferenziale del progresso scientifico, viene ora ampiamente messa in crisi da un dibattito epistemologico di ampia portata , certamen che, attraverso la speculazione di pensatori di confine tra filosofia e nuova antropologia (Descola, Latour, Viveiros de Castro, Kohn), antropologia a sua volta debitrice della filosofia eversiva, complessa  e “rizomatica” dei Foucault, Deleuze, Derrida e Levi Strauss, nonche’ di certe correnti “eretiche” dell’attuale fisica, dalle avanguardie di derivazione quantistica, alle leggi del Caos, al pensiero sistemico, ne tentano una difficile ma non impossibile cicatrizzazione.

L’irrazionale, marginalizzato da un approccio di apollinea linearità, sembra riemergere con la virulenza di una malerba non ben estirpata, rammentandoci la provenienza ancestrale del nostro essere-nel-mondo.

Se con Jung si sono indagati gli archetipi della nostra psiche, é Hillman a mostrarci come ci abiti una deitá diversa, introiettata, sognata e poi corrotta, in cui il terrore panico viene periodicamente a farci visita: una ricognizione del nostro inconscio policentrica e nutrita di “immaginale”.

In questo orizzonte di situazione é forse un atto di hybris ripensare alla conoscenza non più in termini di metodo e deduzione ma guidati da una visione altra che la filosofia definisce “Euristica” ? Un approccio intuitivo, discontinuo e cairologico all’esistenza, che sappia creare sapere attraverso vie non mediate dal fardello di una stratificazione di sovrastrutture.

Elémire Zolla parla di “stupore infantile”, i trattatisti barocchi di Meraviglia. 

Se Enrico Berti nel suo “In principio era la meraviglia” del 2008, ha archeologicamente rinvenuto le più antiche notizie  di questa weltanschauung rintracciandole in due frammenti platonici (celebre quello del Teeteto “…proprio del filosofo e’ questo che tu provi, essere pieno di meraviglia…” e in un passo della metafisica aristotelica, ecco che i saperi si contaminano fra loro in una mitopoiesi dalle molteplici valenze, anche retoriche, come ad sempio  nello Pseudo Longino del trattato “Del Sublime”.

Sono peraltro i periodi più eterodossi, poco inclini ad essere investigati, a porci oggi le sfide più alte: le reliquie, le enciclopedie medievali, i lapidari, i bestiari, i testi alchemici, i resoconti di viaggi più o meno immaginari, non sono che indizi di un tentativo di trarre conoscenza dalla propensione all”admirari”. 

Le fonti si perdono – torneranno solo a Firenze nel 1400 tramite un concilio e la diaspora di intellettuali da Bisanzio – e la comunicazione si fa esclusivamente visiva, incentrata sullo “thaumàzein”, una sorta di scuotimento ingenerato dallo straordinario.

Sará però il collezionismo rinascimentale con i suoi naturalia, artificialia e mirabilia ad operare una sintesi dei più disparati saperi in quelle che Storia dell’Arte e Storia della Scienza (che, non a caso, qui collimano) chiamano Wunderkammern o Kunskammern.

Il primo ad approcciarsi ad uno studio sistematico di queste raccolte erudite é Julius Von Schlosser. Esse appartengono inizialmente a quel territorio di confine che si definisce Manierismo (Eugenio Battisti preferisce connotarlo con il termine di “ antirinascimento”) per poi sfociare nel Theatrum Mundi seicentesco dove, pensiamo soltanto al museo allestito da Atanasius Kircher nel Collegio romano, ciò che non suscita meraviglia non é degno di attenzione. Horst Bredekamp analizzerà poi più compiutamente il legame tra wunderlammer e idea della macchina, individuando nel collezionista, fattosi demiurgo, l’unico capace di unificare arte, natura e tecnica. 

Wolfang Libenwein, mediante la ricognizione degli studioli, li correlerà alla nascita dell’Umanesimo e al fasto delle corti rinascimentali.

Sará tuttavia la troppo poco ricordata Adalgisa Lugli a trovare una congiunzione tra le forme di accumulazione collezionistica e l’arte contemporanea, con le sue installazioni e l’uso meramente ostensivo di oggetti, corpi, materiali (si pensi solo all’opera di Damien Hirst). Se quindi possiamo definire Euristica quell’ aspetto del metodo scientifico che comprende un insieme di strategie, tecniche e procedimenti inventivi per ricercare un argomento, un concetto o una teoria adeguati a risolvere un problema “ ora sappiamo che ciò non può avvenire senza la scintilla della meraviglia , sorpresa in grado di catalizzare attenzione deviandola dal corso                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      normale delle cose, ed incipit di   conoscenza ,capace di farsi a sua volta  creatrice di nuovi e inaspettati significati, riconducibile ad una forza imprevedibile che scuote sensi ed intelletto.

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