La metamorfosi del reale moderno attraverso il mito del mare.

Autore

Luana Franchini
Sociologa, vice presidente Associazione “Il Cielo nella stanza”, associazione per il contrasto della violenza on line e la prevenzione dei fenomeni patologici legati ad un uso distorto dei social network attraverso incontri e laboratori presso le scuole di ogni ordine e grado e presso comunità locali. Titolo dell’articolo proposto: La metamorfosi del reale moderno attraverso il mito del mare. Abstract: L’articolo si propone di descrivere il web come metamorfosi contemporanea del mito del mare e del suo rapporto con l'uomo, descrivendo le trasformazioni dell'intimità, della conoscenza di sé e della capacità di discernimento. Contiene una riflessione interdisciplinare sulla definizione di Io sociale, come identificato dal sociologo americano Charles Horton Cooley e dal sociologo dell’ interazionismo simbolico Erving Goofman, descrivendo le conseguenze psicologiche e soprattutto relazionali derivanti dalla declinazione dell’ Io social attraverso il web ed i social network fino ad arrivare ad una nuova definizione del sé e del rapporto con il mondo.

Nel rapporto col mare l’uomo cerca se stesso, e si pone davanti ad esso nudo ed umile, in posizione interrogante ed osservante, davanti al monitor porta di accesso al mare virtuale l’essere umano si pone corazzato dal suo io-sociale, non si mostra per quello che è, ma si mostra per come ritiene appaia opportuno sembrare, creando un rappresentante virtuale di sé 

Fin da quando nel 1995 internet è entrato nella vita quotidiana di migliaia, poi milioni, poi miliardi di persone, è stato associato linguisticamente e simbolicamente al mare, questo perché Internet, anche detto “The Net” si struttura come una rete all’interno di un flusso enorme e costante di informazioni ed immagini: un mare.  

Questo scritto intende collegare la simbologia del mare ed il mito ad esso sottostante per descrivere alcuni aspetti fenomenologici della rete e cercare di comprendere alcune dinamiche del più importante fenomeno contemporaneo, perché – come sostiene il filosofo e sociologo Theodor Adorno – la natura parla sempre il linguaggio del mito, ed il mito offre sempre chiavi di lettura profonde della modernità.  

Il mondo marino simbolicamente rappresenta l’inconscio, la profondità psichica della natura umana, dove si cela tutto ciò che non è visibile e tangibile, non cosciente ma pure importante, perché sede delle emozioni e dei sentimenti che la razionalità tende a sopprimere, eppure sono queste che sempre riemergono dalle onde della profondità con la forza di un maremoto e condizionano l’agire.  

Il mare mostra un’altra verità, quella che trascende i confini dell’io per far conoscere la dimensione del noi, del collettivo, dell’antico senza tempo, l’acqua non conosce separazione, tutto giunge al mare che è la fonte da cui è nata la vita, il mare ci ricorda ciò che ci univa con la fusionalità materna prima di essere stati separati dal liquido amniotico con la venuta al mondo.  

Osservare il mare disintegra l’ io, inteso come individualismo, perché tende ad abbattere le barriere e a riportare tutto nel grande flusso della vita, quell’ energia attraverso cui si è chiamati a trascendere il proprio limite, il mare è luogo oscuro della trasformazione più profonda,  è la forza dell’acqua che si incontra quando si smette di lottare e si fa un atto di fede e di resa a qualcosa riconosciuto come più grande, perché l’ acqua fa in modo che si riesca a tenere a galla  solo chi si fida e si abbandona.  

Per tutti questi motivi arcaici il rapporto tra il mare è l’uomo è molto antico e si è sempre arricchito di grandi suggestioni letterarie, artistiche, psicologiche.  

Al mare l’uomo affida un desiderio di perdersi ma poi di trovarsi, di orientarsi, nel mare si trovano i fari che illuminano l’oscurità e aiutano a seguire una rotta per raggiungere la meta; anche la filosofa Cecile Guérard nel suo saggio “Piccola filosofia del mare” illustra come il mare, e più in generale l’elemento acqua, abbia influenzato l’evolversi del pensiero umano, soprattutto in relazione alla coscienza introspettiva. 

Molti classici della letteratura hanno per tema portante il rapporto dell’uomo con il mare, si pensi al Viaggi di Ulisse, simbolo della ricerca e dell’errare dell’umanità, il Vecchio ed il mare di Hemingway, metafora della fatica della vita e della conquista della saggezza.  I primi pensatori si rivolgevano verso il mare perché nell’acqua essi cercavano le prime risposte sulla consistenza del mondo, molti filosofi e scienziati hanno cercato l’origine simbolica della vita nell’ acqua, pensiamo a Talete di Mileto, ispiratore dei versi di Goethe nel Faust: Tutto è sorto dall’acqua, grazie all’acqua ogni cosa vivrà! Serbaci la tua eterna opera, Oceano. La vita terrestre è nata nell’ acqua.  

Cosa siamo diventati davanti al mare  

La rete nel mondo contemporaneo degli ultimi venti anni ha assunto lo stesso valore fondante del mare, sia per importanza simbolica sia per similitudine ontologica con il mare, divenendo elemento essenziale dei mezzi espressivi e comunicativi di ognuno di noi. Ma le sensazioni e le ricadute che all’essere umano derivano dal rapporto con questo internet-mare simbolico sono completamente diverse.  

Nel rapporto col mare l’uomo cerca se stesso, e si pone davanti ad esso nudo ed umile, in posizione interrogante ed osservante, davanti al monitor porta di accesso al mare virtuale l’essere umano si pone corazzato dal suo io-sociale, non si mostra per quello che è, ma si mostra per come ritiene appaia opportuno sembrare, creando un rappresentante virtuale di sé. 

 Le identità che si mostrano e si comunicano attraverso immagini e post navigando nel web sono inevitabilmente astratte, distorte e deformate: il soggetto tende all’ impersonale o all’ inautentico personale – modificando la propria immagine- per conquistare consenso attraverso il numero di like e di follower.  

Il rapporto con il mare- internet non è senza finalità, ma è mirato a fare in modo che il mare non generi mistero, una identità costruita secondo i canoni della moda, del ciò che è in voga, che è social-correct.  

Per poter avere un rapporto da essere umano a essere umano, sosteneva lo psichiatra Ronald Laing, è necessario possedere un senso solido della propria autonomia e della propria identità; se non è così, ogni rapporto minaccia l’individuo di perdita dell’identità.  

Tuttavia, la risposta alla domanda «Chi sono io?» si costruisce e si modifica sempre all’interno di una cornice relazionale della persona, cornice che può essere più o meno ampia estendendosi dall’ambito familiare a quello più propriamente sociale, appartenenza ad una comunità locale, ad un gruppo di lavoro, religioso, politico, sportivo, e così via.  

L’ invenzione di internet  ha determinato una  mutazione antropologica per cui accanto alla maschera – persona o io sociale-   frutto delle interazioni faccia a faccia come su un palcoscenico, per cui quel che io sono nel retroscena non sono sulla ribalta, ma solo un  adattamento alla scena e alla situazione –  secondo la teoria della rappresentazione sociale del sé di Erving Goffman –  ora si affianca la maschera del soggetto digitale, dove non vi è più un corpo che comunque si muove sulla scena, ma solo una rappresentazione immateriale del corpo attraverso fotografie e selfie che possono essere modificate al punto dal dar vita ad un completamente altro da sé anche nell’ immagine fisica.  

Una immagine fisica in cui non vi è traccia e non si incarnano emozioni e sensazioni, poiché hanno esistenza solo nel mare della rete, che non restituisce per nulla una immagine autentica del sé, così come la si cercava nel contatto reale con il mare, ma restituisce, rispecchia una immagine completamente modificata, deformata, stereotipata.  

Ecco che per ritrovare un senso bisogna sempre ritornare al mito fondativo, e se internet si rappresenta come un mare e vuole essere mare, occorre scoprire e ritrovare quelle metafore illuminanti ed i segni propri del mare.  

In mare ci sono i fari che illuminano nell’ oscurità e danno un senso di orientamento al navigante, bisogna trovare quindi nel mare di internet quegli elementi che possono contribuire a dare luce, un faro potrebbe essere utilizzare la sua grande capacità virale per diffondere pratiche positive, senso civico, storie esemplari. Per far sorgere nuovi mondi, che diano forma a desideri non solo di natura consumistica, ma anche di come vorremmo il mondo, come vorremmo le relazioni amicali, lavorative, c’è bisogno di tutta la forza dell’ispirazione positiva che può venire dal racconto, dal mettere insieme storie significative.  Sono proprio gli uomini a poter collegare le proprie immagini, i pensieri, le convinzioni, in sempre nuove e diverse combinazioni di senso. Insomma, a non cedere al loro condizionamento per far valere una possibilità segreta già presente nelle cose o tra le righe della realtà. La propria bacheca di facebook può diventare un racconto positivo del mondo e della propria vita, anziché un insieme di reclami, di diffusione di notizie allarmistiche, affermazioni volgari o violente. Ogni giorno ognuno può scegliere nel mare della rete di dare il proprio contributo con una goccia, consapevoli che quello che mettiamo poi ci ritorna in termini di umore del contesto.   

Come dei moderni Ulisse poi dovremmo anche noi non ascoltare i canti delle sirene che dalla rete provengono e che promettono una soddisfazione immediata dei nostri desideri e soprattutto un ampliamento infinito delle possibilità di desiderio.  

Opera di Pawel Kuczynski, disegnatore polacco che rappresenta contraddizioni, inquietudini e schiavitù tecnologiche dell’uomo moderno 

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