La vita è conoscenza. Noi, parte del vivente, non solo sappiamo ma sappiamo di sapere. Siamo connessi al mondo da una costante e circolare relazione osservatore-osservato che si esprime in un accoppiamento strutturale. L’educazione è una conversazione infinita. L’amore collega il mondo e il vivente in termini bio-psichici. Guardando insieme le Pale in tutto il loro splendore al tramonto, a S. Martino di Castrozza, mentre parlavamo di educazione, Maturana quasi sussurrando, così come parlava col suo castigliano cileno, mi disse: l’educazione è una conversazione infinita.
C’eravamo tutti, noi che coltivavamo lo statu nascenti di un nuovo paradigma, quello dell’orientamento epistemologico della complessità, da Mauro Ceruti a Gianluca Bocchi, a Francisco Varela a Donata Fabbri, a Paolo Perticari, in quel seminario che cercava le basi per un’innovazione educativa a partire dalla ricerca scientifica su corpo, cervello e mente relazionale.
Questi e altri profondi rivolgimenti di paradigma, di modi di pensare e di sentire la vita, vivemmo tutti, quando ci raggiunse, grazie alla traduzione di Giorgio De Michelis che ne promosse la pubblicazione in Italia presso Marsilio diretta dal fratello Cesare, il libro di Maturana e Francisco Varela, Autopoiesi e cognizione. La realizzazione del vivente, uscito nel 1980 in edizione originale. Qualcuno di noi riallacciò i fili con quanto aveva compreso studiando Norbert Wiener e soprattutto Gregory Bateson, ritrovando connessioni importanti con la rivoluzione paradigmatica iniziata a metà del 1900 da studiosi come Warren Mc Culloch, con cui Maturana aveva lavorato sulla visione della rana. Risuonavano le provocatorie e straordinarie analisi di Heinz von Foerster e i suoi scatti di simpatia e di apertura che avrei poi vissuto con lui a Bergamo e a Bolzano. Soprattutto si profilava la circolarità tra osservatore e sistemi osservati e che osservano, come avrebbe sostenuto von Foerster. Da quella circolarità o accoppiamento strutturale emerge la conoscenza. In Autopoiesi e cognizione la sistemazione diveniva chiara e smagliante e il concetto di “autopoiesi” segna il passaggio ad una caratterizzazione dell’essere vivente come sistema complesso che crea e produce sé stesso, organizzandosi come un’unità olistica, cioè come “risultato di un’azione sistemica autopoietica”.
Oltre a Gregory Bateson, c’è la presenza di Ludwig Wittgenstein col concetto di “concordanza delle forme di vita”, e di significato come uso sociale, insieme a G.B. Vico con la sua teoria dei corsi e ricorsi, e a Paul Weiss con la nozione di autoproduzione, e insieme ad altri, nel programma di ricerca biologica del laboratorio di Santiago del Cile diretto da Maturana, il “Laboratorio sperimentale di epistemologia”.
Fu nel 1970-71, con De Máquinas y Seres Vivos, che Maturana sviluppò il concetto biologico di autopoiesi (il termine autopoiesi fu inventato da Maturana parlando con suo amico del dilemma di don Chisciotte che consisteva nello scegliere tra il sentiero delle armi praxis e quello delle lettere poiesis). Gli esseri viventi sono considerati sistemi (operativamente) chiusi, ossia reti circolari di produzione di componenti, che sono processi prodotti attraverso le loro interazioni con la stessa rete che li ha prodotti e che specifica i loro limiti, mantenendo al contempo aperto e regolato lo scambio di materia e di energia con l’esterno. Così gli esseri viventi sono un particolare tipo di macchine (auto-poietiche), che si distinguono da altre (etero-poietiche) per la loro capacità non tanto di autoregolazione, quanto di autoproduzione dei componenti che le specifica, e i componenti non sono parti ma processi. I componenti di una macchina autopoietica non sono oggetti o elementi fisici statici o individuali, ma processi come ad esempio le reti metaboliche della cellula, come è documentato nel volume scritto con Varela, Macchine ed esseri viventi. L’autopoiesi e l’organizzazione biologica, pubblicato da Astrolabio Ubaldini nel 1992.
Per questa via la cognizione non è più considerata una “funzione” del vivente, per quanto complessa, ma è il vivente stesso. Questo concetto verrà sintetizzato nella formula “vivere è conoscere”. A questo punto si crea un cortocircuito inevitabile tra teoria della conoscenza, teoria della scienza (epistemologia), e la scienza biologica stessa. Tanto che Maturana arriverà a parlare di “Biologia della conoscenza”, avanzando oltre la considerazione che in tal senso aveva già sostenuto Jean Piaget. Nell’Albero della conoscenza, pubblicato in italiano da Garzanti nel 1987, scritto con Varela e Rolf Behncke sono evidenziate le basi del processo di apprendimento umano da una prospettiva biologica. La prospettiva proposta in questo lavoro viene dalla cibernetica del secondo ordine (in cui un sistema è considerato non in sé stesso, ma come facente parte di un sistema di ordine superiore), cioè la scienza che si occupa dello studio delle relazioni dell’organizzazione che consentono l’evoluzione di un sistema, il quale per esistere autonomamente si esprime in un sistema superiore in cui l’osservatore è un elemento costitutivo. E fu la conseguenza del “… sorgere del problema della conoscenza, non dal punto di vista del sistema nervoso come lo avevamo posto, ma secondo la prospettiva di un operare biologico complessivo dell’essere vivente, che decisi – scrive Maturana – di prendere in considerazione quali procedimenti dovevano avvenire entro l’organismo durante la cognizione, considerando in questo modo la stessa cognizione come un fenomeno biologico”. La conclusione innovativa che deriva da queste ricerche è che vita e cognizione siano la stessa cosa: Vivere è conoscere.
Un biologo, psicologo e epistemologo, come Humberto Maturana, per queste vie, ha creato nuove lenti per osservare la natura, la mente e la società.
Un grande cultore della vita e della libertà, come emergeva dai suoi racconti riguardanti la fuga dal Cile nel momento più tremendo, quando il tallone del colpo di stato militare sostenuto dalla CIA portò alla distruzione di Salvador Allende e di uno dei più interessanti progetti di democrazia e socialismo della storia. “La vida es amor, querido amigo”, era un’espressione che utilizzava spesso.
Vale, Humberto Romesin Maturana.