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Impoverimento educativo e terza educazione

Autore

Emanuela Fellin
Emanuela Fellin, pedagogista clinica, svolge la sua attività professionale, di studio, ricerca e consulenza per lo sviluppo individuale, sia con l’infanzia e l’adolescenza, che con gli adulti. Si occupa di interventi con i gruppi e le organizzazioni per la formazione e lo sviluppo dell’apprendimento e della motivazione. L’impegno di studio e applicazione è rivolto agli interventi nei contesti critici dell’educazione contemporanea, sia istituzionali che scolastici. Le tematiche principali di interesse vertono sui concetti di vivibilità, ambiente, cura e apprendimento. I metodi utilizzati sono quelli propri della ricerca-intervento e della consulenza al ruolo per lo sviluppo individuale e il sostegno alle dinamiche dei gruppi e delle organizzazioni.

La maggior parte di noi subisce una svista pensando che la pandemia sia la causa prima di molti dei problemi che stiamo vivendo. 

L’educazione forse è l’ambito in cui la svista agisce di più. La crisi dei sistemi educativi viene da lontano. Riguarda principalmente i diversi livelli mediante i quali le relazioni e i processi di socializzazione sostengono la crescita. 

In primo luogo sono da considerarsi gli affetti primari e le profonde trasformazioni che stanno vivendo da tempo i sistemi famigliari. A quel livello emergono molteplici difficoltà di gestione delle relazioni affettive e di governo dei processi emozionali, con effetti che si protrarranno nell’arco della vita. 

Quei fenomeni si collegano strettamente alla diffusione pervasiva delle disuguaglianze sociali e dei processi di emarginazione. Questi due fattori tra l’altro mostrano di non essere sufficienti per spiegare le origini del grave impoverimento educativo in atto. 

Appare necessario richiamare anche il ruolo che svolge nell’impoverimento educativo un processo di modernizzazione senza sviluppo che porta a una forte incidenza dei consumi e dell’obsolescenza programmata delle merci come fattori di identificazione. Cosicché crisi dell’affettività primaria, disuguaglianza sociale ed emarginazione, e pervasività dei consumi creano un crogiolo di fattori in cui l’impoverimento educativo mostra di trovare un humus particolarmente favorevole.  

Alla criticità dei primi anni della vita si accompagna una domanda per molti aspetti insostenibile, rivolta alla scuola, la quale presenta forme organizzative così profondamente datate da non riuscire a corrispondere alle aspettative, né nelle forme né nei contenuti, né tantomeno nei linguaggi che contraddistinguono le giovani generazioni. Ci sono almeno due aspetti che insieme agli altri evidenziano l’obsolescenza del sistema educativo scolastico di ogni ordine e grado, così come lo conosciamo. 

Il primo riguarda lo scarto tra i saperi necessari e disponibili oggi nell’esperienza sociale e planetaria nella quale viviamo. Come sappiamo da tempo la maggioranza delle conoscenze che ognuno ha al momento della maturità le ha acquisite nei contesti della vita reale e non nelle aule scolastiche. La seconda questione riguarda la questione topologica e organizzativa delle istituzioni educative. Nell’era dell’intangibile, in cui, come la pandemia sta confermando, abbiamo la possibilità di accedere alla conoscenza senza che questa accessibilità sia connessa allo spostamento fisico, la scuola continua ad avere una forma organizzata basata sull’obbligatorietà costrittiva della fisicità e della materialità. Tanto è vero che si dice: andare a scuola. 

Se le comunità educanti, spontanee o almeno in parte organizzate, sono la fonte principale della molteplicità condivisa e della socializzazione, come condizioni per ogni buona individuazione, allora forse si tratterebbe di destrutturare le forme precedenti così come le conosciamo e, approfittando della pandemia e di ciò che evidenzia, avviare una profonda riorganizzazione dell’azione educativa. 

Questa dovrebbe riguardare almeno tre livelli della questione: il superamento dei confini disciplinari verso una transdisciplinarità che permetta di apprendere e ragionare per fenomeni e non solo per discipline; uno sviluppo e una valorizzazione delle comunità educanti spontanee con un loro sostegno e una loro messa in rete, dalle realtà volontarie esistenti a quelle che si possono creare e sviluppare; l’affermazione di una prospettiva di Terza Educazione che ravvisiamo sempre più urgente e necessaria. Intendiamo, da qualche anno, per Terza Educazione quella che abbiamo chiamato educazione affettivo-cognitiva che connetta l’educazione alla vita dei sentimenti e alla cura del dialogo interiore con noi stessi, con la più ampia apertura alle conoscenze e alle culture differenti. La Terza Educazione ci consente quindi di abitare il mondo attuale. E’ proprio della Terza Educazione quindi cercare di sviluppare e sostenere la capacità di connessione tra mondo interiore e mondo esterno facendo principalmente sull’educazione sentimentale e sulla critica e sulla conoscenza della complessità del mondo. In sostanza la Terza Educazione dovrebbe cercare di agire favorendo la connessione tra ciò che ci precede, la nostra immanenza, e il futuro anteriore, alimentandosi soprattutto di domande generative. Una funzione specifica della Terza Educazione è la connessione oggi in crisi, tra la prima educazione, quella acquisita nell’età primaria che compone la nostra esperienza e un patrimonio di conoscenza tacita; la seconda educazione basata sull’apprendimento conseguibile nei contesti educativi deputati e opportunamente evoluti secondo le considerazioni precedenti; e la Terza Educazione che riconosca una continua esigenza di ristrutturazione dei saperi, il primato dell’azione e della responsabilità per essere cittadini planetari capaci di vivere in un mondo interculturale e di costruire una vivibilità sostenibile. 

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