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Senza fatica non si può godere la bellezza

Autore

Michele Filippini
Michele Filippini, nato a Brescia il 13 gennaio 1987, e residente a Rovereto (Tn), ora è direttore del C.F.P. Centromoda Canossa di Trento. Dopo la laurea triennale in Scienze Psicologiche conseguita all’Università di Bergamo, si trasferisce in Trentino per proseguire gli studi dove si laurea nel 2014 in Psicologia del lavoro e delle organizzazioni, specializzandosi in Gestione e formazione delle risorse umane presso la facoltà di Scienze cognitive dell’Università di Trento. Appena laureato intraprende il praticantato per diventare Psicologo al Centro di formazione professionale Artigianelli, dove ha modo di conoscere il mondo della scuola e sperimentare progetti e strumenti d’innovazione didattica e formativa. Già durante il percorso di studi infatti collabora con diverse aziende sulla formazione del personale sperimentando un paradigma che riconosce l’importanza di mettere al centro le persone, vero motore del cambiamento organizzativo necessario per rimanere al passo coi tempi. Dal 2017 collabora con il Centromoda Canossa di cui, nel 2020 diventa il Direttore. Anche in quest’anno di pandemia e di restrizioni ha cercato di sperimentare attività e progetti capaci di mantenere viva la presenza e la partecipazione dei diversi attori coinvolti.

“Gli ostacoli non mi danno alcuna pena. Non si fanno grandi acquisti senza grandi fatiche” 

Con questa frase di Santa Maddalena di Canossa vorrei condividere con voi questa riflessione sul tema dell’educazione, partendo proprio da chi ha fatto nascere, più di due secoli fa, un pensiero e un metodo capace non solo di formare ma di istruire alla vita. In un tempo come quello che stiamo vivendo, si è finalmente reso chiaro il fallimento dei paradigmi formativi ed educativi che contraddistinguono da decenni il sistema scuola. L’impoverimento educativo al quale assistiamo sta pian piano erodendo le risorse che il sistema è in grado di mettere a disposizione, evidenziando differenze e suscitando preoccupazione per e sui ragazzi di oggi. La sfida vera di questo tempo è quella di saper parlare ai ragazzi, stimolandoli in attività e coinvolgendoli nei processi educativi, non come meri spettatori ma come attori protagonisti nella costruzione del loro futuro di vita. Educare significa “tirare fuori”, ovvero dare modo ai ragazzi di costruire i propri percorsi di senso nel mondo che vivono. Sta a noi comunità educante essere in grado di creare i presupposti perché questo avvenga, guidandoli e sostenendoli ma soprattutto motivandoli e appassionandoli alla conoscenza.  

Permettetemi quindi di raccontarvi un progetto che con grande ricchezza abbiamo potuto vivere all’interno dell’istituto che dirigo. Impossibilitati dall’opportunità di svolgere gli stage nei contesti aziendali abbiamo voluto capovolgere il modello chiedendo alle aziende di partecipare alla nostra vita scolastica. Con alcune realtà del territorio abbiamo quindi pensato a dei progetti coordinati dai tutor aziendali e supervisionati dai tutor formativi per permettere ai ragazzi di vivere e sperimentare un contesto lavorativo, acquisire competenze, creare gruppo! Potrei non so quanto soffermarmi sulle difficoltà, sulle incognite, sui problemi organizzativi e amministrativi, sulla gestione, selle regole, sulle limitazioni che la situazione ci imponeva… Così come potrei invece puntare l’accento sui risultati che si sono ottenuti. È superfluo dire che i successi ottenuti sono andati ben oltre le nostre aspettative; i ragazzi hanno lavorato di più e meglio, proponendo soluzioni fantasiose e sapendo fronteggiare tutte le difficoltà del caso. Ma il vero successo, per me che osservo tutto il processo educativo, dall’inizio alla fine e sempre con spirito critico, è stato il coraggio. Il coraggio che ognuno di noi ha avuto in questa occasione. I ragazzi hanno avuto il coraggio di fidarsi e affidarsi a un progetto nuovo, sconosciuto e di cui non si poteva avere altro che un’idea. Hanno avuto il coraggio di osare, sperimentare e mettere in discussione ruoli, abilità, compiti e relazioni. Hanno avuto il coraggio di non arrendersi davanti all’impossibilità di vivere un’esperienza all’estero o in una grande azienda del settore (cosa comune e sognata per tutto il percorso).  

I docenti che hanno raccolto la sfida hanno avuto coraggio; non potete immaginare quanto! Hanno avuto il coraggio di sfidare tradizioni e pratiche comuni; hanno avuto il coraggio di studiare e entrare in azienda confrontandosi con un mondo che non sempre è così vicino al loro. Hanno saputo faticare, sbagliare, ripensare, cadere, ma sempre con il coraggio di ricominciare!  

Non ultima, la scuola ha avuto coraggio; in un momento in cui tutti si lavavano le mani dietro a regole poco chiare e non sempre tutelanti ha avuto il coraggio di andare avanti, mettendo sempre davanti a sé il bene dei ragazzi, credendo fortemente in quello che stava proponendo.  

Il coraggio di tutti ha permesso di ottenere qualcosa di bello; pieno di difficoltà ed errori, come tutti i progetti che partono da zero o quasi, ma virtuoso, soddisfacente, sfidante. Ecco allora come davvero l’insegnamento che, noi ancor prima dei nostri studenti, abbiamo recepito, è quello che di fronte alle difficoltà non ci si può arrendere. Che soprattutto dove c’è povertà educativa serve ricchezza di idee. Dove c’è assenza di relazione, chiusura e isolamento serve condivisione, emotività, spirito di gruppo.  

Senza fatica non si può godere della bellezza e la gioia affinché sia gioia piena necessita di sacrificio e coraggio. E allora sperimentiamo, sbagliamo, ricominciamo, gioiamo, stanchiamoci… ma soprattutto viviamo! 

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