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Silvia Avallone, Cuore Nero

Autore

Aurora Martinelli
Aurora Martinelli, nata nel 1998, dopo gli studi classici ha conseguito una Laurea Triennale in Storia presso l’Università degli Studi di Padova con una tesi dal titolo “La lunga liberazione. La questione della specificità femminile nelle esperienze post Olocausto” con la professoressa Enrica Asquer. Contenta, ma non abbastanza, ha conseguito un'altra laurea in Graphic Design presso la LABA di Rovereto con una tesi di progetto dal titolo "Sfumature. Interazione tra podcast e comunicazione visiva in un progetto di divulgazione storica" col prof. Matteo Carboni. Mossa dal desiderio di unire l'anima storica e quella grafica e lavorare nel campo della comunicazione culturale, attualmente si muove tra Trento, dove collabora con la Fondazione Trentina Alcide De Gasperi e con lo Studio di Davide Dorigatti, e Bologna, dove lavora per Un Altro Studio.

Emilia è giovane quando compie quell’atto che, per tutto il romanzo, non viene mai nominato – prima gli si gira attorno, lo si intravvede, e infine viene descritto nei dettagli, ma non viene mai detto col suo nome. Per questo atto, Emilia passa in carcere tutta la sua adolescenza. Mentre fuori, in Via del Pratello a Bologna, corrono le biciclette e il vociare degli aperitivi e il profumo dei fritti si mescola all’odore dello smog, lei è dentro, a vivere una normalità del tutto estranea alla città e alla maggioranza dei suoi residenti. Le abitanti di quel microcosmo carcerario accedono al fuori solo spiandolo dalle inferriate, o lanciando bigliettini per costruire un gioco d’amore a distanza col ragazzo del balcone di fronte, oppure attraverso le rare uscite, che finiscono in ciondolamenti in piazza con canne e alcol proibiti, trasgressioni in una realtà in cui il confine tra dentro e fuori è una porta blindata chiara e inequivocabile. Per le persone che ci vivono, quel dentro è tutto il mondo, e sono i confini di quella realtà a definirle e a dire loro chi sono: delle assassine, delle rapinatrici, delle spacciatrici. Forse è per questo che, una volta fuori, Emilia sente che il male che ha compiuto non è rimasto lì, ma è dentro di sé, in quel cuore nero che sta al centro di sé stessa. Non se ne può liberare, ma può tenerlo chiuso a chiave, fare in modo che nessuno lo veda e andare a cercare sé stessa da un’altra parte, fuori da sé, perché dentro di sé sa già che cosa c’è, e non lo vuole recuperare. Si rifugia in un paese remoto tra le montagne, un luogo della sua infanzia in cui, lei crede, i titoli di giornale con la sua fotografia non sono arrivati. Ha più di trent’anni, ma si comporta come l’adolescente che non è mai stata. È capricciosa, scontrosa, provocatoria, ribelle quasi a tutti i costi, soprattutto con le persone che provano a volerle bene. 

Di fronte a Emilia, nella stessa manciata di case, vive Bruno. Come Emilia, anche lui si è rifugiato in quel luogo per cercare di gestire una ferita che però, al contrario di lei, non ha inferto ma subìto.  Inizialmente è molto facile, per loro due, trovare nell’altro una compagnia reciproca, un liquido per colmare la propria solitudine e sentirsi finalmente di nuovo vivi, ebbri della possibilità di lasciarsi attraversare da emozioni per lunghi anni, e per motivi diversi, a entrambi precluse. Ma è proprio sul nucleo fondativo del loro strano patto relazionale – stiamo insieme, ma non chiediamoci mai nulla del nostro passato – che si spezza l’idillio quando diventa chiaro che la loro storia non può andare avanti senza esplorare quella domanda che per Emilia è la più spaventosa di tutte: chi sei? Per quanto sia doloroso per entrambi, è solo guardando nello specchio dell’altro che Emilia e Bruno possono provare a rispondere a questa domanda e capire fino a che punto sono disposti ad accettare la verità dell’altro. E ad amarlo, di un amore che o è affidarsi e accogliersi incondizionatamente, o non è.

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