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Arte Sella: scandole di dialogo contro lo scandalo di ogni chiusura

Autore

Ugo Morelli
Ugo Morelli, psicologo, studioso di scienze cognitive e scrittore, oggi insegna Scienze Cognitive applicate al paesaggio e alla vivibilità al DIARC, Dipartimento di Architettura dell’Università Federico II di Napoli; è Direttore Scientifico del Corso Executive di alta formazione, Modelli di Business per la Sostenibilità Ambientale, presso CUOA Business School, Altavilla Vicentina. Già professore presso le Università degli Studi di Venezia e di Bergamo, è autore di un ampio numero di pubblicazioni, tra le quali: Mente e Bellezza. Arte, creatività e innovazione, Allemandi & C, Torino 2010; Mente e paesaggio. Una teoria della vivibilità, Bollati Boringhieri, Torino 2011; Il conflitto generativo, Città Nuova, Roma 2013; Paesaggio lingua madre, Erickson, Trento 2014; Noi, infanti planetari, Meltemi, Milano 2017; Eppur si crea. Creatività, bellezza, vivibilità, Città Nuova, Roma 2018; Noi siamo un dialogo, Città Nuova Editrice, Roma 2020; I paesaggi della nostra vita, Silvana Editoriale, Milano 2020. Collabora stabilmente con Animazione Sociale, Persone & Conoscenza, Sviluppo & Organizzazione, doppiozero, i dorsi del Corriere della Sera del Trentino, dell’Alto Adige, del Veneto e di Bologna, e con Il Mattino di Napoli.

Intrecci e incroci fanno la storia di tutte le genti e di ogni luogo. È l’arte, più di ogni altra espressione di noi esseri umani, a ricordarcelo. Questo è quanto sta facendo da trentotto anni Arte Sella, per la Valsugana, per il Trentino, per il mondo. Proprio per ampliare ed estendere per vie sempre nuove questa sua missione, nel trentottesimo anno dalla fondazione, Arte Sella presenta Sabìr, installazione concepita dall’artista Velasco Vitali per il parco d’arte di Borgo Valsugana con l’inaugurazione il 31 agosto 2024. È tempo di costruire ponti e non muri, se non si vuole ritardare il corso della storia e rimanerne fuori. Il Mediterraneo e i suoi popoli, fino all’arco alpino e oltre, è un sistema di intelligenza distribuita, dove l’essenziale di ogni popolo o luogo comunica intensamente con tutti gli altri. Basterebbe pensare al pane, che con le sue mille forme, ha una straordinaria base comune. Le Alpi sono state lungo tutta la loro storia luoghi di passaggio e di incontri di culture. Il Sabìr era il linguaggio dei corsari, una lingua franca che, come un ponte verbale, parlavano tra loro i marinai nei porti del Mediterraneo, da Oriente a Occidente; l’artista lo ha scelto come titolo per la sua opera che, con la sua struttura semicircolare, cita quelle cupole che furono, e sono ancora oggi, una delle forme architettoniche più diffuse nell’area mediterranea, segno riconoscibile di molte capitali e porti d’Europa. La cupola di Vitali, segno di dialogo tra genti e luoghi grazie a questa memoria, emerge da una duna di sale, in un contesto di abeti e strati rocciosi: una forma che è un ponte culturale tra Oriente e Occidente, tra passato e modernità. Per Sabìr Velasco Vitali si è ispirato alle cupole mediterranee che, dal XV secolo, sono impreziosite da tegole in maiolica colorata: i loro cromatismi vengono ripresi dipingendo le scandole di larice, tipiche dei rivestimenti delle costruzioni alpine, con i luminescenti colori della ceramica mediterranea, dai toni del blu del mare ai rosati della luce dell’alba, provando a ricordare quell’impronta culturale che da Oriente ha intriso per secoli le coste e i luoghi interni dell’intera Europa. Tra le 6000 scandole dipinte che ricoprono Sabìr, l’artista ne ha inserite 20 di legname, anomale e neutre, ricavate da un barcone, rinvenuto nel 2013 sulle rive di Lampedusa. Un relitto abbandonato dal quale sono state ricavate, grazie a Fondazione Casa dello Spirito e i detenuti del carcere di Opera, le venti assicelle integrate nell’opera: un segno che racconta una memoria antica, un passato glorioso ma nello stesso tempo una contemporaneità triste e amara. L’installazione di Sabìr è iniziata nel Giorno della Memoria e dell’Accoglienza, il 3 ottobre 2023, a dieci anni esatti dal tragico naufragio del 2013; l’artista e i suoi collaboratori hanno scelto una parte della vasta “superficie di mare” dell’installazione per ricordare i 20 dispersi di quel giorno, rimasti senza volto, senza nome e senza identità: 20 scandole fatte del legno del barcone fra le 6000 della cupola. Le scandole del dialogo contro lo scandalo di ogni chiusura.

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