Pulita di Alia Trabucco Zeran

Autore

Aurora Martinelli
Aurora Martinelli, nata nel 1998, dopo gli studi classici ha conseguito una Laurea Triennale in Storia presso l’Università degli Studi di Padova con una tesi dal titolo “La lunga liberazione. La questione della specificità femminile nelle esperienze post Olocausto” con la professoressa Enrica Asquer. Contenta, ma non abbastanza, ha conseguito un'altra laurea in Graphic Design presso la LABA di Rovereto con una tesi di progetto dal titolo "Sfumature. Interazione tra podcast e comunicazione visiva in un progetto di divulgazione storica" col prof. Matteo Carboni. Mossa dal desiderio di unire l'anima storica e quella grafica e lavorare nel campo della comunicazione culturale, attualmente si muove tra Trento, dove collabora con la Fondazione Trentina Alcide De Gasperi e con lo Studio di Davide Dorigatti, e Bologna, dove lavora per Un Altro Studio.

A casa del “signore” e della “signora”, tutto è e dev’essere pulito. Anche Estela, artefice e tutrice del candore domestico, lo è. Sempre ordinata, con la divisa e i capelli raccolti. Ma questo non basta, perché, semplicemente, Estela non è una di loro. Non è di Santiago, ci è arrivata da un paese che dista ore di pullman, dove le villette allarmate con giardino sono utopie. Estela non è un medico, come il signore, non lavora per una grande azienda, come la signora. Anche la bambina, la persona più vicina a lei in quella casa, è comunque qualcosa di diverso, ed Estela è solo la sua tata. C’è un confine netto che la separa da quel mondo, da quella civiltà asettica alla quale si rassegna fin dall’inizio e dove la punge la nostalgia della cura della madre che, ogni giorno, le metteva il berretto di lana prima che uscisse per andare a scuola.

In quella casa, dove Estela vive e lavora per sette anni – dalla nascita fino alla morte della bambina, che non è il finale inaspettato ma il punto di partenza del flashback che struttura il romanzo – i confini del rispetto non vengono mai oltrepassati attraverso atti clamorosi, ma c’è una trama di umiliazione costante, sottile, un gioco a cui Estela non si vuole abbassare e da cui si difende mantenendo la propria professionalità. La vita perfetta dei coniugi sa di infelicità stantia, di incapacità di mostrare affetto reciproco, ed è disseminata di dettagli e atti che ne mettono a nudo la fragilità – dettagli che, i coniugi ne sono consapevoli, a Estela non sfuggono. Il bite notturno appoggiato sul comodino della signora, le smagliature del suo corpo dopo il parto, le premure ossessive del signore nei confronti della bambina: non si nasconde nulla, ma tutto viene maneggiato come sfida costante verso la domestica. Una prova per testare non tanto la sua fedeltà, ma la sua tenacia nel non varcare quel confine tra loro e lei, che per quanto possa essere pulita non lo sarà mai abbastanza da pretendere che la signora non voglia lavare il proprio splendido abito appena acquistato dopo averla sorpresa a provarselo di nascosto.

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