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Schiavitù nel marketing

Autore

Sofia Pederzolli
Sofia studia e lavora nell'ambito del marketing e della comunicazione, prima turistica e poi di prodotto, poi di nuovo turistica Ama il networking e stare con le persone per creare occasioni "di comunità" e di crescita continua. Svolge attività di volontariato nel settore della cooperazione e della promozione turistica e territoriale grazie alla carica di Vicepresidente dei Giovani Cooperatori Trentini e di consigliera nel direttivo della Pro Loco di Nave San Rocco. Vicina al mondo del non profit, è anche componente del gruppo che è stata rappresentante dei giovani della Conferenza dei Giovani sul Clima del Trentino Alto Adige a Milano, in occasione della PreCop di ottobre 2021.

Carte fedeltà, sconti, punti e vantaggi sono fattori che ormai sono all’ordine del giorno quando parliamo di tecniche di marketing anche su un’azione quasi quotidiana come la spesa. Se non abbiamo chiaro cosa dobbiamo comprare con una lista, spesso inconsciamente, ci capita di tornare a casa con qualcosa che non ci serviva o l’ultimo prodotto presentato, perché quando la consapevolezza di ciò che vogliamo è scarsa, siamo più facilmente influenzabili e le nostre decisioni possono essere alterate da una serie di fattori esterni.

Come ci ricorda Ferdinando Pellegrino, psicologo e psichiatra “chi ha una bassa autostima è più a rischio di diventare <<schiavo>>”.

Un particolare ruolo lo gioca la semiologia (scienza dell’analisi dei simboli e dei significati, il cui esponente italiano più noto è stato Umberto Eco) che ci fornisce tutti gli strumenti necessari per analizzare i messaggi da cui siamo bombardati. Per avere un’idea della mole di informazioni che riceviamo quotidianamente online basti pensare che “nell’arco di 48 ore, la rete genera la stessa quantità di informazioni che l’umanità ha prodotto dalla preistoria fino al 2003, e tale velocità è destinata ad aumentare” (Brusadelli, 2018).

Un ulteriore esempio di magheggi algoritmici che possono oltre che influenzare anche direzionare le scelte sono le penultime elezioni americane dove Trump è stato accusato di aver fatto uso di algoritmi e intelligenza artificiale per la manipolazione degli elettori-navigatori, affidando così a giocatori anti-democratici senza volto le chiavi del futuro e delle decisioni del popolo.

Penso che possiamo confermare, mio malgrado, che ci troviamo in una situazione dove il marketing e la pubblicità stanno al centro e non l’essere umano, come in sé dovrebbe essere. La cosa strana e al tempo stesso preoccupante e spaventosa è l’essere intrappolati in una azione pubblicitaria, sentirsi schiavi di essa e quindi accorgersene ma comunque caderci comprando quella cosa di cui non avevamo bisogno. Sono inoltre convinta che di questi giorni ascoltarsi in tutti gli ambiti delle nostre vite (a partire da quello psicologico fino a quello materiale) diventa sempre più difficile. In questo senso l’ultimo esempio fresco è il black friday. Quanti di noi si sono comprati qualcosa di cui potevano fare a meno?

Se la pubblicità è la più potente delle tecniche di marketing, possiamo dire di essere di fronte al più potente filtro di relazione mai esistito. Uno strumento in grado di farci desiderare tutto quello che non ci serve, tranne quello di cui abbiamo davvero bisogno: la relazione umana autentica, la fatica, il dolore e il perdono. In una parola: la presenza. E allora potremmo perdere ciò che ci è più prezioso: la fiducia, ovvero l’avere emozionale prima dell’avere materiale.

Sarà anche vero che il progresso non si debba, né si possa fermare, ma se continuiamo così il rischio è che oltre che schiavi ne diventiamo anche sottomessi e/o schiacciati. A meno che non lo siamo già.

Sitografia

https://www.ilsole24ore.com/art/perche-continuiamo-essere-schiavi-big-tech-AEUdW0f

https://lantennaonline.it/2018/11/23/il-corpo-della-donna-sfruttato-per-la-pubblicita-e-se-fosse-luomo-ad-essere-schiavo/

https://www.ilsole24ore.com/art/schiavi-dell-algoritmo-AETD076D

Fotografia di coperatina Corriere del Ticino

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