Se il silenzio fosse semplice, le goccioline nebulizzate che rimbalzano contro il vetro della doccia attirerebbero la mia attenzione più degli acuti di Adele sparati dal telefono appoggiato sul lavandino. Potrei osservarle e seguire con lo sguardo le loro traiettorie casuali, che ricalcherebbero quelle dei miei pensieri. Si sa che sotto la doccia si fanno le pensate migliori, ma a me non capita più da quando ho deciso che non separarmi dal telefono nemmeno in bagno andava bene.
Se il silenzio fosse semplice e l’autoradio spenta, il sorpasso della macchina col motore truccato avrebbe un altro impatto, così come la scoperta che la spia della pressione delle gomme fa anche bee-beep prima di accendersi di arancione. Avrebbe un altro impatto anche il clacson del furgone che suona mentre corro sul marciapiede senza le cuffiette e coi pantaloni corti dell’estate.
Se il silenzio fosse semplice, sentirei le rondelle della carota appena affettata cadere sul tagliere di legno, e potrei stupirmi del rumore che fanno, anziché infastidirmi perché poi devo tornare indietro a riascoltare quella manciata di secondi del podcast. Potrei capire come stanno le zucchine che sfrigolano in padella e accorgermi prima che si stanno bruciando: hanno bisogno di altro olio? Di acqua? È ora di metterci il sale? Scelte frettolose, fatte mentre una parte di cervello sta seguendo con il fiato sospeso il true crime del momento. Alla fine, potrò svelare ai commensali la vera identità di quel rapinatore, ma le zucchine faranno schifo.
Se il silenzio fosse semplice, una passeggiata nel bosco sarebbe un concerto e i passi sullo sterrato così croccanti da far venire l’acquolina in bocca e la voglia di correre per sentirli più forti. Mi accorgerei che qualcuno sta camminando dietro di me e mi divertirei a indovinarne la statura e l’età dal suo solo camminare. Se il silenzio fosse semplice, forse non sentirei il bisogno di scrollare Instagram mentre mi affretto per le strade del paese. Potrei inventarmi storie che corrono come la nebbia tra questi campanili, immaginare le vite dietro a quelle finestre illuminate d’inverno. Mi paiono tanto familiari, ma non so se i profumi che ci sono lì dietro sono simili a quelli di casa mia.
Se il silenzio fosse semplice, potrei leggere cose infinite nel tuo sguardo. Potrei farti capire che ho apprezzato profondamente il tuo regalo senza sentire il bisogno di impacchettare la mia gratitudine in sillabe, che ne lascerebbero fuori qualche pezzetto che cadrebbe nel vuoto, con un po’di delusione da entrambe le parti.
Se il silenzio fosse semplice, potrei tacere quando non so che cosa rispondere perché stiamo parlando di qualcosa che in qualche modo è troppo: difficile, doloroso, grande, bello. Potrei provare col mio silenzio ad abbracciare te e le tue parole troppo troppo, senza doverne cercare altre da mettere in fila. Oppure potrei ammettere col silenzio che hai ragione e sentire il suono della pace che stavamo entrambi cercando, dicendoci però le cose sbagliate.
Se il silenzio fosse semplice, potremmo stare sdraiati senza chiederci ad alta voce se ci è piaciuto fare l’amore. Potremmo dedurlo dal rallentare del nostro respiro e lasciarci attraversare da quella punta di pudore, e vivercela, senza doverla coprire di parole.
Se il silenzio fosse semplice, sarebbe molto bello prestare più attenzione.