Ho la giacca a vento
perché fa molto freddo qui dentro
Marco dice che ho la testa vuota
ma lui dialoga sempre da solo
non trova mai un riscontro;
a volte,
faccio anche fatica a capire chi sono,
come dire,
dimentico il mio nome
e chiedermi quale sia il colore dei miei occhi
diventa la domanda più difficile del mondo
non so come
ma mi dimentico
della mia esistenza
e mi nascondo il viso con le mani
e spero sempre
che il domani sia più luminoso
meno ombroso
più leggero
un sentiero più scoperto
io passo sempre le mie giornate a letto
a dormire, dormire e dormire
è una carezza riposare per me
e così, non ho l’insicurezza
di dover rispondere a qualsiasi domanda.
Marco butta il mio zaino in mezzo alla strada
io non so destreggiarmi
con le parole
dunque riprendo il mio zaino
però m’investono
nel farlo;
apro gli occhi solo qualche mattino dopo
almeno, così m’hanno detto i dottori
la testa mi fa malissimo
vorrei che sentissero
quel che mi porto dentro,
il frastuono d’una vita
fatta per tutti a colori
e per me?
Per me un misero bianco e nero
desidero il mio mantello viola
che è a casa
ed io non sono capace
ad affezionarmi
sicché non so nemmeno come si faccia
perché io
son sempre stata quella strana
e basta
dunque non ho mai parlato con nessuno
ho spento la fiamma della voce
ancora all’asilo
quando gridavo in bagno
e sentivo ghignare le mie compagne
ma tanto, le loro mamme
sapevano giustificare l’accaduto con:
“Noi crediamo maestra che saranno state solo stanche,
queste povere bambine.”
Mi domando
se avere un amico
sia come bere un litro di vino
non nel senso che perdi la lucidità
ma che ti diverti
e tutto sembra avere una luce diversa
ma al contempo devi stare attento
perché puoi sempre finire al cesso
e non trovare il senso
nel donare te stesso.
Io penso ad un amico
mentre cammino
indossando una giacca a vento grigia
stringo il pugno
non grido perché resisto
siccome io, della mia voce
non mi fido
è un archivio di dolore
e il solo sapore
di certe parole
mi da la nausea;
sono stufa,
frasi come calamite
mi fanno paura
eppure accanto a loro,
c’è clima mite
e le mie insicurezze son stupite
di vedermi ridere
e passeggiare
senza chiedere all’ansia
dove dovrei andare.
Ma dunque
io posso parlare?
Non riesco a sputar niente
incredibile
rimarrò semi muta per sempre
e non decollerò
non salirò sull’aereo
che m’avrebbe mostrato
la via che mi avrebbe aiutato
a non ridurmi in questo stato,
guido contromano
mi rendo conto però
di che piano idiota sia
arrivo in una via
ignota
c’è una carrozza antica e abbandonata
nessuno mi nota
sicché io di rumore non ne faccio mai
ma finirò nei guai?
Non importa
starò zitta ancora una volta
nessuno sa
come sia la mia voce
se parlo veloce
o piano,
urlando o farfugliando
nessuno si è mai interessato alle mie labbra,
alla mia lingua
e questo pensiero mi fa venir voglia di tagliarmi
di strapparmi i capelli
perfino di eliminarmi.
Vado via
vado al centro commerciale
più precisamente
vado al negozio di tecnologia
chiedendo di resettarmi
mi raccomandano che poi,
dopo averlo fatto,
non potrò tornare indietro
e dunque di pensarci bene
di non cambiare idea all’ultimo
ed io che faccio?
Qual è la mia risposta?
Beh, io non rispondo
regna un silenzio imbarazzante,
silenzio in cui guardo il commesso,
m’accorgo che avrà più o meno la mia età
e quasi me ne innamoro a prima vista
ma non dico nulla
faccio un cenno con la testa
e decido, su due piedi
di resettare la mia vita
sperando anche che le parole incomincino ad uscire da me
sperando di spezzare ‘sto stupido silenzio
che mi tiene a letto,
che m’ha tolto l’esistenza
e solo ora capisco che essa, ha un prezzo.
Il commesso mi dice che scappare non ha senso
io rimango perplessa
ma cosa vuole questo da me?
Che mi dica il conto piuttosto:
“Le dò subito il conto,
aspetti un attimo,
mi scusi è che abbiamo un po’ di problemi di connessione ultimamente
ecco fatto;
la sua voce, prego
per darmela deve solo schiacciare il tasto destro.”
Voglio tornare indietro,
adesso.
-Biancaneve