Un’agente immobiliare si addentra nelle storie delle vite dei suoi clienti, entrando e uscendo da case che le persone non vogliono più o nelle quali non riescono più a vivere. Abitazioni dense di storie di vita, di narrazioni, di emozioni diverse, di situazioni più o meno complesse.
Le case sono i contesti nei quali si svolgono dinamiche disfunzionali di storie quotidiane e di famiglie attuali. Lydia Millet affronta questi temi attraverso una scrittura scorrevole e fluida; inizialmente i capitoli sembrano staccati tra loro ma proseguendo la lettura le storie si intrecciano in un un’unica rete coinvolgente di esperienze e di emozioni forti. Il linguaggio utilizzato è a volte duro, diretto ma che pone domande che fanno riflettere, che ci portano dentro le dinamiche e che, in maniera quasi spontanea, portano ad un’autoanalisi.
Il libro è a tutti gli effetti un viaggio nella vita, della vita e per la vita, con sfumature delicate sui non detti. La protagonista, mentre accoglie clienti facoltosi affronta anche gli intrecci della sua vita con la necessità di analizzare la propria situazione con le esperienze degli altri.
Un viaggio di attesa nell’impazienza di leggere e di scoprire come si concludono le narrazioni dei personaggi descritti. Un intreccio di vite e di case, le case come luoghi che dovrebbero essere accoglienti ma che a volte si trasformano in prigioni, simboli e metafore.