Le tue labbra si muovono dolcemente,
dei movimenti delicati e decisi
mentre mi racconti, seduta su una panchina accanto al fiume
come combattere la mia depressione.
Straziata e stanca ti ascolto ugualmente
non avendo nulla da perdere
e nessun posto migliore dove stare;
cosa mi cambia?
Il sole lo ho dritto negli occhi
mentre a te una fogliolina secca ti fa ombra proprio all’altezza giusta,
per non diventare cieca.
Sbuffo ed incomincio ad ascoltarti per davvero
siccome prima stavo giocherellando con una pellicina.
“Ti sei scordata della risata,
del mal di pancia che ti è venuto dopo
che ridevi così tanto che tutti i denti ti si sono visti
non sei arrivata nemmeno a coprirti la bocca con una mano.
Ti sei scordata della tranquillità che regnava in te,
quella sensazione paradisiaca, quel sapere che probabilmente se fossi natura
e non un essere umano
in quel preciso istante sarebbe arrivata la primavera
e con sé tutti i colori;
sarebbero germogliati pure i fiori appassiti
e avrebbero ripreso vita i prati secchi.”
Fai una pausa e mi indichi un fiorellino che sta proprio davanti a noi,
continui a gesticolare
a muovere le braccia come se dovessi prendere un respiro
e così faccio, poi continui.
“Ti sei dimenticata completamente delle persone che hai attorno quando sei felice,
dell’abbraccio di mamma e del dolce “Ciao” dalla tua persona preferita,
detto a braccia aperte con un micro sorriso in volto.
Hai eliminato tutte le sensazioni piacevoli che ti regnavano,
l’ottimismo, il profumo di piacere,
gli occhi illuminati come stelle
al che se la sera ti posizionavi sotto esse potevi far concorrenza.
Hai cacciato dalla tua mente l’amore che provavi per te stessa
ogni volta che il tuo cuore è calmo,
prendi quella sacca e butti tutto nell’oceano,
successivamente ti viene una crisi isterica e ti danni al pensiero di dover cercare
e trovare tutto quanto.”
Sono sicura che ti stavi riferendo a qualcosa che ti ho detto in passato
ma ti ho lasciata continuare comunque senza interromperti.
“Continui a buttarti chiodi tra le ruote
e qualche volta si posizionano bene,
permettendoti di andare avanti per altri seicento metri
ed altre bucano e sgonfiano del tutto la ruota e rimani a terra.
Una domanda sorge spontanea a chiunque,
ovvero: perché?
Perché ti stringi questa benda nera sugli occhi e non ti permetti di vedere altro?
Perché non decidi di andare a fare una passeggiata sul corpo tuo
e fotografare ogni arcobaleno,
filmare ogni tua risata,
rammentare i migliori momenti passati con una tua forte amica?
Perché invece ti leghi al collo ogni fallimento,
ti tatui sul cuore ogni delusione,
ti chiudi dentro ad una gabbia e non permetti che nessuna piccola felicità ti pervada?
Perché diventi non vedente davanti a tutto questo?”
Ti sei bloccata
e ho notato gli occhi lucidi e la bocca semiaperta
come se stessi cercando di studiarmi ed entrarmi nel cuore
anche se sai che dentro di me non puoi far nulla
che è tutto marcio.
Perché lo faccio?
Vedendomi indignata, hai ripreso fiato ed hai continuato:
“Poi io quella benda l’ho vista,
ho percepito che mondo ci abita dentro,
tutti i ponti crollati,
le porte malmesse,
l’odore nauseabondo,
i libri di cronaca,
le verifiche di matematica,
i pianoforti con martelli sui tasti bassi,
la grandine che batte fortissima sull’asfalto.
Io ho solo toccato col mignolo quella benda
ed ho continuato a chiedermi cosa ci fosse di più bello di guardare per bene il mondo.”
Rivolgi il dito verso il cielo.
“Dovresti essere spensierata come le nuvole,
dovresti dar ascolto alle note meravigliose della tua risata e non del tuo pianto,
invece le lacrime le ricordi e non le butti in un dimenticatoio come i sorrisi,
sono forse più importanti?
Le preferisci?
Sono un vizio?
Cos’hanno in più del tuo cuore che batte,
del corpo che sorride,
degli abbracci dati dalle persone giuste,
dei pianti dalla gioia,
dei salti per quel messaggio inviato da quella persona che ti piace tanto.
Ti bendi gli occhi,
vaghi a piede libero per il pianeta,
sapendo perfettamente che così facendo puoi solo che imbucare la strada sbagliata
e spezzarti il cuore.
Decidi di mettere delle lenti a contatto,
privandoti della bellezza immensa del mondo.
Non riesci ad imparare che il mondo ti ama e ti accetta così come sei
e che dovresti farlo anche tu con te stessa.”
Mi copro la pancia, le tue parole iniziano ad essere dure da digerire.
“Tutta questa paura ti ha fatto vedere sempre e solo un sentiero,
facendoti completamente dimenticare dell’esistenza di altro.
Ti ha distrutto,
portandoti a chiudere gli occhi verso il mondo,
perdere fiducia.”
Mi dai un’occhiata e poi riprendi.
“Quando ti accoccoli a te stessa,
di notte, pronta a scoppiare e perdere sangue,
pronta a coprirti la bocca per soffocare i singhiozzi,
in quei momenti dovresti guardare fuori dalla finestra,
ed osservare la luna.
Davanti a te
la bellezza più grande del mondo ti narra la meraviglia,
ti illumina gli occhi e idrata la tua pelle,
ti asciuga il pianto e ti fa sentire freddo per portarti del caldo dentro.
Ogni notte ti insegna che devi alzarti dal letto il mattino
che anche lei si alza in cielo
seppur non sa se verrà ammirata almeno da qualcuno
e sarà meno vissuta, non come il sole
che quando spunta lui tutti escono di casa.
Quando lei nasce tutti rientrano in casa,
li fa paura quel buio e quei pochi tratti di luce
cerca di comunicarti che tutti noi siamo così
che purtroppo le ferite sono sempre quelle che si notano di più
ma che possediamo della luce e va coltivata
che a volte crolliamo, ci dimezziamo, caliamo
ma altre volte siamo pieni, in cielo, di diversi colori
grandi e pieni di forza.
Ci ricorda che non siamo soli,
quelle notti dove ci diamo la possibilità di esplodere,
perché anche lei è con noi e ci capisce
comprende quel vuoto, quella sofferenza,
capisce quella benda sopra agli occhi che al mattino siamo abituati a mettere
e che solo alla sera ci spogliamo di essa permettendo all’oceano nostro interiore
di sgorgare fuori
anche rumorosamente,
lei ci capisce perché assiste spesso ad esseri proprio come noi
lei stessa a volte lo fa,
ti è mai capitato di guardare il cielo e di non trovarla,
o vederla nascosta dietro ad una montagna oppure ad una nuvola.
Anche la luna piange
e quando la pioggia arriva di notte fa ancora più paura
già durante il giorno il mondo diventa buio
la notte diventa oscurità
e si percepisce tutto il dolore di ella.”
Ti fermi, riprendi fiato
è come se quel discorso toccasse anche te,
chissà com’è stata la tua vita,
cosa pensi quando mi guardi?
Veramente non sono sola?
Riesci a rendere tutto così credibile con la tua voce dolce e calma,
a ricoprirmi di un velo di speranza.
Pure i miei occhi ora bruciano, insomma,
come ti permetti di scoprirmi così tanto, sento dannatamente freddo,
mi stringo ancora di più.
“Smettila di posizionarti gli occhiali con l’intelligenza artificiale
convinta che così la vita avrà più senso,
che almeno insieme a te c’è la luce del tasto dell’accensione.
Smettila di mettere piedi a caso, rischiando di perdere la vita.
Ricordati che, se anche fallirai, domani il sole sorgerà lo stesso.
Datti la possibilità d’essere felice qualche volta,
spogliati delle tue paure che vogliono solo limitare la tua vita,
eliminare le tue passioni,
cancellare i tuoi sogni,
graffiare la tua pelle
e ricordarti che sarai per sempre infelice.
La tua infelicità può donarti abbracci, bellezza,
può ricordarti come suona la tua risata
e pure quel posto che ti era piaciuto tanto.
Devi diventare amica della tua tristezza per portare felicità.
Non vanno bene quegli occhiali che ti sei comprata
subito le lenti di essi si oscurano se arriva uno spiraglio di luce
e allora che senso ha
se non puoi riconoscere nemmeno una briciola di salvezza,
ti condanni alla tristezza permanente?”
Mi guardi con sguardo serio e riprendi subito a parlarmi.
“Possiedi il più bel colore d’occhi del mondo
la dentro si celano le tue bellezze,
si raccontano le tue più grandi figuracce
e si conservano tutte quante le risate.
Se tu apri la scatola dei ricordi,
potrai memorarti del giorno in cui giocavi al parco
ed eri seduta sull’altalena,
ti sembrava di toccare il cielo con quella tua manina,
che avevi la boccuccia aperta come al solito
noncurante dei moscerini che trovavano tranquillamente una porta aperta.
Si conserva il tuo primo morso al tuo cibo preferito,
la gita con la tua migliore amica
e il bacio con il tuo primo amore.”
Ti blocchi istantaneamente,
come se stessi facendo mente locale su qualcosa,
tamburelli il dito sulla tempia
e corrughi la fronte finché sorridi,
un sorriso che non ti avevo mai visto,
vittorioso, entusiasta.
Poi inizi a recitare una poesia:
“Di felicità ce n’è
solamente che
siamo abituati
allo stress e alle situazioni immutabili.
Il sole sorge e in pochi si danno la possibilità
d’esser felici almeno un momento
convinti di scottarsi se sognano troppo.
Le preoccupazioni e i tempi brevi
sono il nostro pane quotidiano
che ci porta a bendarci gli occhi nostri
e ad abbassare lo sguardo mentre parliamo.
Il benessere viaggia ancora attorno a noi
ma prendiamo sempre l’autobus per l’ansia
poiché si arriva prima giustamente
e bisogna timbrare altrimenti ti sottraggono un’ora
e meno denaro possiederai a fine giornata.”
Rimango incantata,
tremo un po’ a sentire questo succo di verità
vorrei ascoltarne ancora, magari ne conosce altre a memoria
eppure non arrivo nemmeno a domandarti di chi fosse che riprendi a parlarmi,
ancora più coinvolta di prima.
“Domani il sole sorgerà di nuovo,
anche se fallissimo in tutti i modi,
prendessimo un brutto voto,
ci lasciassimo con l’amore della nostra vita,
venisse a mancare un nostro caro,
non venissimo accettati ad un colloquio di lavoro,
non passassimo un esame,
mangiassimo un biscotto in più,
perdessimo ad una gara.
Domani il sole sorgerà e poi tramonterà
sicché pure lui ha un inizio come una fine.
Può succedere qualsiasi evento
ma siamo dei semplici fili d’erba.
Forse è meglio lasciare andare
e non stare tutto il tempo a controllare
situazioni impossibili da maneggiare.
Talvolta è meglio osservare
quello che ci fa del male
non chiudere gli occhi
lasciar da parte il nostro sorriso
e aspettare di non poterli più riaprire.”
Le ultime frasi le hai dette con un’enfasi diversa,
come se fosse un altro pezzo di poesia che raccontavi prima
e non posso fare a meno di stressarmi con domande su domande.
Ora rilassi il viso,
come se avessi compiuto un sacrificio enorme a parlare per tanto
come se avessi ricordato troppe cose dolorose
e fossi estremamente stanca.
Ti alzi e te ne vai,
ti saluto
ma non mi rispondi
e mi domando: Perché?
Guardando la luna penso a te
alle tue parole e alle romanzine
che oramai porto nel cuore
ricordandomi che proprio quelle che al tempo deridevo
sono state le mie medicine, la mia terapia del sorriso.
Mi manchi, ora i miei occhi ti proiettano per le strade della città
anche se so bene, che tu, non ci sei più.
È proprio vero che ti rendi conto dell’importanza delle persone solo quando le perdi,
non ci voglio ancora credere che non potrò più sprofondare tra le tue braccia.
Volevo solo raccontarti di quella volta che ho fatto lo stesso discorso tuo
ad un ragazzo che somigliava molto
a quella che ero.
Ti racconterò tutto, sta sera,
guardando la luna,
guardando te.
-Biancaneve
Meravigliosa, ispirata, lucida. Ho apprezzato l’uso di “memorare”. Bello l’uso dell’italiano quotidiano con l’impiego talvolta, senza ostentazione, di parole desuete.
meraviglia