L’A22 vomita lunghe sequenze di Tir; il giovane uomo alla guida recupera una tranquilla quiete: la berlina esce al casello di Egna e imbocca la SS 48. L’avvio del seminario: “Competenze e Esperienza Organizzativa” è per l’indomani mattina su in valle.
Il giovane relatore ha
programmato un arrivo anticipato nel pomeriggio, un ultimo riordino del suo
contributo non ancora del tutto in realtà definito.
Il paesaggio è ora diverso. Il tratto stradale sinuoso, accompagna
terrazzamenti, una ripetizione infinita di vigneti, capace ad ogni sguardo di
rinnovare tuttavia una ricorrente meraviglia. L’andatura pur lenta, un passo
antico, guadagna progressivamente quota.
Ad un tratto si apre un breve altopiano, quasi un preavviso del prossimo, largo
abbraccio della Val di Fiemme: un lungo rettilineo e, sulla destra, un
edificio, un incontro inatteso, l’hotel Pausa.
La via inaspettatamente dritta invita ad un aumento della velocità, quasi un
adolescenziale sfogo dopo tanta guida cauta. L’insegna dell’albergo Pausa,
riduce tuttavia di nuovo inconsapevolmente la velocità e il giovane uomo, senza
interrogarsi, gira istintivamente a sinistra, seguendo una indicazione
stradale. Il paesaggio cambia. La strada riprende a salire e, con curve e
tornanti, taglia profondamente il bosco di abeti e larici. Il giovane uomo si
rende progressivamente conto di essere immerso in un paesaggio solo naturale;
non incontra nessun edificio, come se la gente del luogo avesse deciso di
preservare quei versanti della montagna per il solo abbraccio della natura.
Dopo un breve altipiano, la strada riprende a salire fino a un secondo
altopiano più ampio. Sulla destra, su un picco, una chiesa circondata da un
cimitero. Il giovane uomo, preso da profonda curiosità, guida con circospezione
e ferma la macchina al termine della strada, davanti ad un grande arco, segnato
dalla scritta ‘………..… hof’.
Il giovane uomo è ora un viaggiatore, rimesso allo stato delle cose, pronto ad
accogliere l’inatteso. Superato il cancello raggiunge il parcheggio. L’hof- un maso
trasformato dalla fine dell’Ottocento in un hof per ospitare viaggiatori e
turisti – lo accoglie con la sua struttura articolata. Il luogo è silenzioso e
deserto. L’angusto locale adibito a front office lo accoglie con un profumo di
cirmolo. La conversazione è breve e il giovane uomo, come agendo un piano
fissato da tempo, chiede di poter soggiornare per una notte. Non può lasciare
Infatti quel luogo, un dono imprevisto, senza esplorare quegli spazi brevi, le
volte rotonde, i muri larghi, le pareti bianche contrastate dai mobili colorati
dal tempo. La camera assegnata lo accoglie con volumi larghi, mobili
essenziali, un odore di cirmolo ancora più acuto e un infinito silenzio.
Riposto il bagaglio, esce immediatamente dalla stanza e esplora gli spazi diversi
dell’hof; la hall dell’entrata, angusta, quasi un corpo cavo, la biblioteca
odorosa di libri, gli stretti corridoi che tagliano i tre piani dell’hof, la
larga sala da pranzo. Gli incontri sono rari, il personale di servizio
distaccato e gentile. L’inizio di primavera coincide con l’avvio della stagione
di lavoro dell’hof e il silenzio, sul far della sera, ha echi perturbanti. Il
giovane uomo risente pagine di Musil, di Bernhard e inizia a percepire una
indeterminatezza scivolosa e si rende conto improvvisamente come, al di là di
un breve scambio per la consegna del documento di identità, non abbia parlato
con nessuno.
All’ora di cena si affaccia alla sala di pranzo, La cena si prolunga, ritmata
da un ininterrotto parlottio dei pochi commensali e dallo scivolare diligente
di due cameriere. Il giovane uomo avverte crescere un turbamento diffuso.
Avverte la legittimazione della sua scelta di cambiamento insieme ad un
sentimento di profanazione di doni immeritati e come tali sfidanti.
L’attenzione stupita non lo lascia e lo conforta nel riandare alle
argomentazioni del filosofo intorno alla tematica ‘Straniero’, al sottolineare
come la medesima radice hos strutturi i lemmi hospes e hostes, due universi
semantici opposti e come anche il lemma hof rinvii alla radice hos. E l’hof
contiene così le prospettive di un luogo ambiguo, di una perturbante
ospitalità. Sul retro del menu schizza a memoria il grafo tracciato dal
filosofo durante il suo argomentare
e, improvvisamente, in quel
largo spazio ora quasi deserto e silente, intuisce il nucleo del suo disagio.
Si sente vitale e insieme non riconosciuto. Non ha incontrato nessuno.
Siamo esseri relazionali e la relazione è vertice per la comprensione della
intersoggettività e fonte dell’individuazione.
Sale nella camera ora rasserenato e rinforzato nella riflessione da proporre
l’indomani: non si struttura alcuna competenza, annullando ogni prospettiva di
apprendimento organizzativo, al di fuori di un localizzato e rubricato nel
tempo processo di riconoscimento.
Ha letto di un soggiorno nell’hof, nei primi decenni del 900, di Max Plank e
Erwing Schrödinger e, addormentandosi, sorride, non accade spesso di essere
ospiti dove abbiano soggiornato dei premi Nobel.
Non è un riflettere triste. Quei due sono stati dei giganti e come ha
sottolineato l’artista
La loro presenza negli spazi inesplorati dell’hof vibra anche questa notte e di questa magia il giovane uomo professa pieno riconoscimento.