Dacci oggi la nostra anestesia quotidiana, sembra la preghiera e l’auspicio di noi tutti, in questo nostro tempo. Come se fossimo impegnati e disposti solamente a sentire il profumo di rose di plastica. Se c’è un fallimento nella vita personale, è non riuscire a comunicare e condividere il proprio sentire; o meglio sentire che quello che senti non raggiunge chi vorresti che lo sentisse. Avvertire, cioè, che quello che senti viene ridotto a qualcosa di strumentale, organizzativo, condizionale, mentre tu continui a sentirlo e la fonte di quel sentimento è proprio chi non lo raccoglie né è in grado di farsene raggiungere e sentirlo. Può accadere così che tu parli di una poesia e ti ritrovi a doverne sostenere la profondità con chi ti guarda per un breve tempo e lascia cadere lì un distratto: interessante. Altre volte puoi soffermarti a richiamare un angolo fiorito di un’aiuola e chi ti ascolta è coinvolto dal cartellone pubblicitario del cibo per cani o per gatti. Puoi persino portare in dono qualcosa a qualcuno e sentirti chiedere: come mai? Accade anche che alla richiesta di un intervento di cura per un vecchio – mai chiamato vecchio, ma anziano; così come le persone se ne vanno, non muoiono – la prima domanda non è come si sente ma quanti anni ha. Per morire non si muore più, basta rimuovere dalla vista e dalle relazioni prima le persone non efficienti, e poi la morte, che è divenuta una scelta, non l’unica certezza disponibile. Non mancano le contrizioni e commiserazioni a distanza, e pure gli aiuti filantropici e cosiddetti umanitari, a condizione che non mettano in discussione la sanità e la perfezione ossessiva della propria condizione e della propria immagine. Per la cura di quest’ultima e la sua apparente tenuta si perseguono dispositivi e corazze che sono una delle misure più evidenti del narcisismo e della crisi di legame, in una parola dell’indifferenza cui siamo approdati. Gli impianti e le cosmesi del corpo e dell’immagine hanno raggiunto livelli di esasperazione che meritano attenzione. La loro misura più evidente sono l’adesione cieca agli influencer e gli inestetismi dei risultati. Se l’estetica è la struttura che collega, le labbra siliconate sono la struttura che scollega. Letteralmente, in quanto la sensibilità di quella pelle è neutralizzata almeno quanto è enfatizzata e falsa la sua apparenza. Il linguaggio per la narrazione di tutto quanto concorre a creare il tempo del falso sentire, come sempre ne è lo specchio più eloquente. Padrone assoluto di quel linguaggio è il superlativo assoluto, e tra tutte le parole che dominano la scena è, manco a dirlo, “assolutamente”, la parola più in voga. Accompagnata com’è da un “sì” più volte accentato che cala come un’accetta, quella parola esprime al meglio la vocazione sovranista e totalitaria, narcisistica e individualista del tempo del falso sentire. È il trionfo dell’accordo; la fine di ogni minima possibilità di dubitare; l’esclusione a priori di ogni critica; la consegna esasperata e liberatoria al conformismo; il dominio della saturazione; il regno indiscusso dell’indifferenza. La difesa, insomma, dalla sensibilità che raggiunge, coinvolge, genera gioia e impegno, passione e sofferenza, attesa e incontro, e che dona a chi si dispone ad accoglierla l’ora del vero sentire.