Qual è il senso di questo tuo nuovo lavoro?
Qualsiasi teoria cerchi di spiegare l’esistenza delle menti e della coscienza ignorando il sistema nervoso è destinata al fallimento… D’altra parte, qualsiasi teoria si appoggi esclusivamente sul sistema nervoso… è destinata a fallire anch’essa.
Che rapporto c’è fra la tua ricerca e questo nuovo contributo?
Riprendendo e rielaborando le acquisizioni della mia ricerca sperimentale, condenso qui l’analisi di ogni aspetto dell’«intelligenza biologica» che caratterizza gli organismi viventi.
Che cosa ne ricava?
In particolare, analizzando i passaggi evolutivi attraverso i quali si sono via via differenziate le varie forme di quell’intelligenza, cerco di delineare in modo inedito la differenza tra «concetti insidiosi» come mente e coscienza, come fonti esclusive di spiegazione.
Che cosa emerge?
Il ridimensionamento dell’incidenza filogenetica e del linguaggio – ancora egemone in tante teorie – nell’emergere del processo cosciente.
Che rapporto c’è con l’attualità dell’intelligenza artificiale?
Cerco di chiarire come l’obiettivo di costruire «macchine capaci di sentire» debba seguire la strada di una robotica e di un’intelligenza artificiale capaci di sostituire strutture rigide con altre sempre più flessibili e regolabili.
Come ne usciamo in quanto homo sapiens?
Nel rimarcare i «traguardi esclusivi» raggiunti dalla nostra specie, è bene ricordare come i «fondamentali dispositivi» di cui ci siamo serviti non siano che trasformazioni e aggiornamenti di meccanismi già utilizzati da altre forme di vita, in una lunga storia di successi individuali e sociali. Una conferma della rilevanza di quel che ci precede e in buona misura ci costituisce, e della nostra appartenenza alla storia evolutiva.