Se la ragione apollinea risulta noiosa, si può sempre provare a consegnarsi nelle braccia di Dioniso, sembra suggerire Piero con la sua graffiante vignetta. E siamo già nel pieno del contenuto di questo numero di dicembre della nostra rivista, nel quale abbiamo voluto fare i conti nientemeno che con la ragione, il mito dei miti dell’umana condizione. Abbiamo sentito il richiamo del presente. Sarà capitato ad ognuno di fare i conti con situazioni, posizioni e punti di vista tali da non riuscire a riportarli a una spiegazione basata sulla ragione. Una condizione rischiosa, che nel tempo ha prodotto esclusioni e reclusioni, disciplinamenti e perdite di libertà. Una volta messa in discussione la razionalità olimpica, abbiamo comunque continuato a considerare la ragione il nostro mezzo privilegiato per affrontare proprio i limiti della razionalità. Qualcosa però continua a non funzionare nel ragionamento. Esistono ragioni nelle irragionevolezze, come segnala Alessandro Picone nel suo contributo, e non fanno altro che evidenziare sia le molteplici forme della ragione, in base all’analisi di Antonino Pennisi, che l’esigenza di educare al buon uso della ragione e della ragione poetica in particolare, secondo le indicazioni di Emanuela Fellin. Le derive della ragione si accentuano quando non dedichiamo la dovuta attenzione a quel socratico sapere di non sapere che potrebbe aiutarci, secondo Carlo Pacher. Così come potrebbe aiutarci la memoria, ascoltando l’esperienza narrata da Domenico Bolognese, o potrebbe venirci in soccorso una buona considerazione del rapporto tra ragione e denaro, come evidenzia Andrea Donegà. Siamo viandanti del sapere, ci ricorda Livia Mainardi; costruiamo biblioteche per non perderci, secondo il dialogo tra Rosario Iaccarino e Pietro Piro, e non sappiamo neppure se la crisi della ragione è in grado di generare cambiamenti o addirittura rivoluzioni, come, con la sua tagliente analisi, ci avverte Claudio Piersanti. Del resto, Susanna Mati, investendo la sua conoscenza di Nietzsche, ci conduce nei meandri irriducibili del pensiero del grande filosofo proprio sulla ragione, ricordandoci fin dall’ex ergo che “attenersi alla ragione sarebbe bello, se ve ne fosse una”. Eppure, come ci ricorda Ugo Morelli, è alla ragione che ci rivolgiamo, nonostante tutto, per cercare di correggerne le derive. [um]