In una sera di settembre di 5 anni fa abbiamo avuto la possibilità di creare un evento particolarmente significativo, nato dalla congiunzione tra ricerca letteraria e poetica di uno dei più grandi scrittori italiani, Daniele Del Giudice, e un luogo come il Museo dell’Aeronautica Gianni Caproni di Trento. Questo evento è stato voluto in occasione della pubblicazione de I Racconti dello scrittore scomparso il mese scorso.
La decisione di scegliere il Museo Caproni è stata dettata dalla passione di Daniele Del Giudice per il volo, una delle fonti principali della sua ricerca letteraria, considerando il volo una metafora della vita.
Del Giudice scrive nel suo libro Staccando l’ombra da terra “Il volo migliore è senza dubbio quello della mente, non richiede mezzi di trasporto sofisticati né brevetti o abilitazioni, ma soltanto l’attitudine ad essere piloti di sé stessi, della propria fantasia.”
Dell’intera opera di Del Giudice, ripercorsa in questo numero di Passion&Linguaggi, si possono segnalare molteplici aspetti, consideriamone alcuni seguendo una delle tante piste possibili, decisiva per l’ispirazione e la poetica narrativa dell’autore, come egli stesso scrive: “La metamorfosi che trasforma a ogni decollo il metallo in aeroplano e le manovre di volo in manovre della vita”.
Nelle sue opere si incontra una ricerca rigorosa del linguaggio che si può paragonare al rigore del volare. L’espressione “venire al linguaggio” è un filo conduttore della narrativa di Del Giudice. Così come l’attenzione per l’errore e quella per la precisione sono caratteri essenziali del volo, per lo scrittore lo sono nel fluire della sua narrazione.
Immergendosi nella lettura delle sue parole si può cogliere l’importanza del rapporto tra uomo e macchina nel volo. Quella particolare fusione, fra pilota e aereo, è un altro aspetto dello stile narrativo che Del Giudice ci consegna con un corpo a corpo del linguaggio, reso essenziale senza mai concedere nulla ad eccessi sentimentali e descrittivi, che ancora una volta richiamano una fusione che è bene espressa in un sogno narrato, quello di nascere aereo.
La limpidezza dello scorrere dei pensieri che si fanno linguaggio, sia nella forma racconto che nei romanzi, è uno dei codici distintivi della forza narrativa di Del Giudice. Abbiamo voluto presentare i dialoghi che alcuni lettori appassionati delle opere dello scrittore hanno stabilito con un’opera, individuata secondo la propria vocazione prevalente. Ne emergono delle narrazioni calde, vive, come accade anche con le fotografie che un costante osservatore e amico di Daniele Del Giudice ha realizzato negli anni. Quello che conta, tra l’altro, è l’evidenza della capacità della narrazione di fecondare pensieri che vanno dalla scienza, alla letteratura, alla quotidianità. Proprio la letteratura, e il linguaggio in particolare, sono stati i tratti caratterizzanti del percorso coerente e profondamente selettivo di Del Giudice. Attendere l’uscita di un suo racconto o di un suo libro, per un quarto di secolo, è stato motivo di attenzione e di meraviglia per i modi coinvolgenti e i temi densi di vita e capaci di parlare al presente che ne sarebbero scaturiti.
Densi e inafferrabili, come la vita, i suoi percorsi narrativi hanno sempre la capacità di trasformare la materia e la tecnica in poesia. È quel che si verifica ancora una volta in un racconto, Di legno e di tela, dove la consistenza e la fragilità, la vulnerabilità e le potenzialità delle macchine per volare coesistono, come accade nella vita.
Ci saranno nel tempo approfondimenti e studi sull’opera di Daniele Del Giudice, ma una delle costanti del suo lascito sarà il dialogo che la sua opera narrativa riesce a stabilire con il lettore. Proprio quella esperienza che connette la letteratura e la vita abbiamo voluto proporre con questo numero di Passion&Linguaggi.
Nella narrativa di Del Giudice, infatti, si rivela la purezza e l’esperienza esistenziale del narrare e del volare che connettono l’inizio e la fine, ogni volta che consentono di sentire la vita al massimo grado come accade con il nascere e il morire.