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Humberto Maturana e la vita che scorre

Autore

Pietro Barbetta
Docente di Psicologia clinica, Università degli Studi di Bergamo e Presidente del Centro Milanese di Terapia della Famiglia

La deriva strutturale è la vita che scorre 

Qualcuno si domanda se la morte di Humberto Maturana non segni la fine di un’epoca. L’epoca in cui la scienza agiva in modo differente, attraverso il rigore e l’immaginazione; non era, come spesso si presenta oggi, una nuova forma di credenza religiosa basata sull’evidenza.    

Chi era Maturana? Uno studioso particolare: biologo, per origine, ma capace di creare pattern di connessione sull’esempio dell’insegnamento di Gregory Bateson. Uno scienziato vero, lontano dalle pratiche “evidence based”, coltivate dagli odierni carrieristi, portaborse dei mercati di scopus. Un biologo, uno psicologo e un epistemologo; creatore di nuove lenti per osservare la natura e non solo, anche la mente e la società. Uno di quegli epistemologi che traggono le proprie riflessioni dalle pratiche scientifiche che elaborano e dalle esperienze che creano in laboratorio e attraverso l’osservazione della vita e dei suoi percorsi, negli organismi viventi, nei soggetti e nelle comunità. Un osservatore delle singolarità inosservate, quelle singolarità che permettono di formulare sempre nuove ipotesi scientifiche da descrivere, discutere, commentare e criticare. Assieme a una vasta schiera di longevi – Gadamer, Ricoeur, Dorfles, Blanchot, Morin, che ancora vive a cent’anni, von Foerster e molti altri – Maturana è uno dei saggi della cultura occidentale. Ma è anche, insieme a Francisco Varela, un autore che ha pensato al legame profondo tra il corpo, la mente e le loro affezioni. 

Autopoiesi e cognizione, l’opera chiave della sua vita, scritta con Francisco Varela, fu per noi, negli anni Ottanta, una lettura difficile: eravamo immersi nella cultura umanistica – letteratura, filosofia, psicologia e antropologia – e c’era una scissione radicale tra umanisti e scienziati naturali.  

Vado a memoria, senza citare con precisione; ricordo bene alcune frasi di difficile comprensione per noi: “l’orientante orienta l’orientato nel dominio cognitivo dell’orientato”; “i sistemi sono strutturalmente aperti, ma organizzativamente chiusi”. Lo stesso per valeva per alcuni concetti come: deriva strutturale, autopoiesi, accoppiamento strutturale, cibernetica, cibernetica del second’ordine, ecc. Alcune parole sembravano ingegneristiche, altre legate agli studi sulla comunicazione, poi c’era questa “cibernetica”, la scienza dei nocchieri, infine il passaggio alla cibernetica del second’ordine. Cercherò ci chiarirne alcuni, per come li ho ho compresi, dalla mia prospettiva di psicoterapeuta. 

La cibernetica nasce da un matematico, Norbert Wiener, e riguarda la creazione di dispositivi meccanici con retroazione. Significa che questi meccanismi ricevono informazioni dall’ambiente e si regolano in base a queste informazioni. Il classico esempio è il termostato; il feed-back è quello strumento che permette ai termostati di autoregolarsi verso una temperatura definita. Se regolo il termostato di casa a 20 gradi, la temperatura dell’ambiente ruoterà tra i 19 e i 21 gradi, secondo la precisione delle rilevazioni ottenute. La cibernetica si sviluppa successivamente negli studi sui sistemi neurali. Che servono, per esempio, a rendere più sicura un’automobile, nel caso di slittamenti stradali.  

All’inizio, per noi intellettuali umanisti, era quasi un’offesa: come si permettono costoro di parlare, a noi filosofi, di termostati e automobili? Mica siamo elettricisti!  

Ulteriori sviluppi della cibernetica si trovano nelle ricerche sull’intelligenza artificiale, in cui si cercò di creare sistemi informatici capaci di avere esperienze ermeneutiche ( Winograd e Flores, 1987). In realtà già Gregory Bateson, antropologo e cibernetico, su richiesta di Wiener, era riuscito a pensare, attraverso la cibernetica, una “macchina schizofrenica” . 

Tu dici alla macchina: collegami l’abbonato numero 348 e parlando con l’abbonato 348 gli chiedi di mandarti a Detroit 247 maiali porto franco, al che la macchina interrompe la tua conversazione col primo abbonato e ti collega con l’abbonato 247. La macchina cioè falsifica l’uso del numero, il tipo logico del numero. E se lo fa non regolarmente, cento volte su cento, bensì irregolarmente, allora sarei disposto a chiamarla macchina schizofrenica.» [Bateson, Bateson 1987, trad.it. p.191-2]  

La macchina schizofrenica è una macchina che non rispetta il livelli logici.  

Di qui, per Maturana e altri, una riflessione sulla complessità, che dà vita alla cibernetica del second’ordine. 

La cibernetica del second’ordine non può prescindere dalle riflessioni di Bateson sul paradosso e il doppio legame. La riflessione di Maturana cambia la scienza: propone l’osservazione delle relazioni e delle connessioni tra le cose, tra gli organismi, tra i soggetti, piuttosto che l’osservazione delle cose, degli organismi e dei soggetti, come enti isolati; inoltre propone di analizzare le connessioni tra chi osserva le relazioni e le descrizioni che fornisce l’osservatore. Non possiamo non pensare a un altro grande autore francese che, in campo storico, fece la stessa operazione intellettuale chiamandola “metodo genealogico”: Michel Foucault. 

Questo metodo costituisce buona parte dell’eredità nelle pratiche cliniche della Scuola Sistemica di Milano: il costruttivismo. Per noi del gruppo di Milano (Barbetta, Telfener, 2020) il costruttivismo proviene da queste osservazioni di Maturana e Varela:  

Se è riconosciuto che il linguaggio è connotativo e non denotativo e che la sua funzione è quella di orientare l’orientato entro il suo dominio cognitivo, e non di mettere in rilievo entità indipendenti, diventa evidente che le interazioni orientanti apprese materializzano una funzione di origine non linguistica (Maturana e Varela, 1985). 

Maturana e Varela propongono la “perturbazione”, in modo alternativo rispetto alla supposta “informazione”, per descrivere ciò che accade quando gli esseri viventi di ogni tipo, si connettono tra loro; sottolineano l’espressione intensiva della connotazione.  

Incontrai Maturana varie volte. Durante un convegno a Torino, quasi vent’anni fa, gli chiesi di spigarmi il concetto di “deriva strutturale”, che non avevo compreso. Lui rispose più o meno così: immaginate di essere su una barca in mezzo al mare e di avere perso i remi. Possedete solo una bussola e una ricetrasmittente. Chiamate, con la trasmittente, il faro più vicino per avere soccorso. Il faro chiederà la vostra esatta posizione per inviarvi una nave da salvataggio. La barca giunge sul posto, ma voi sarete da un’altra parte. La deriva strutturale è la vita che scorre. 

Bibliografia 

Barbetta, P., Telfener, U. (2020) “The Milan Approach, History and Evolution”, Family Process, 60/1. 

Bateson G., Bateson, M.C., Dove gli angeli esitano, Adelphi, 1987 

Terry Winograd, Fernando Flores. Calcolatori e conoscenza, Mondadori, Milano 1987. 

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