Dialogo a partire dal pensiero e dall’opera di Humberto Maturana
Andrea Donegà, Emanuela Fellin, Rosario Iaccarino, Ugo Morelli, Alessandro Picone
Se ha potuto crearsi un modo inedito di concepire la conoscenza, e di ridefinire la stessa idea di essere umani e di intendere la vita, ciò è dovuto alla grande svolta del secondo Novecento e al contributo di ricercatori e studiosi come Humberto Maturana. Oltre a fornirci chiavi originali per la comprensione della poiesis del vivente e a proporre che la vita sia conoscenza, essendo noi parte del vivente, ci siamo resi conto che a distinguerci è il fatto che noi non non solo sappiamo ma sappiamo di sapere e siamo connessi al mondo da una costante e circolare relazione osservatore osservato che si esprime in un accoppiamento strutturale. Ne deriva che l’educazione si propone di fatto come una conversazione infinita ed è l’amore a collegare il mondo e il vivente in termini biopsichici.
La vita a Santiago del Cile e l’impegno scientifico e politico fin da molto giovane, insieme a una grande apertura culturale che ha sempre combinato un approccio disciplinare tra umanesimo e scienza, sono le caratteristiche fondamentali della storia di Maturana. Una sua distinzione era proprio quella di non essere mai dualista con un orientamento in cui c’entra l’elemento culturale, cioè la dimensione passionale della conoscenza che viene dalla tradizione neolatina, e che lo induceva sistematicamente a non separare mai, né tantomeno a vergognarsi in contesti, come dire scientificamente appuntati, di usare le parole che facevano scandalo, come quando ha insistito molto scrivendo anche un libro sull’amore come regolatore dell’ interdipendenza relazionali nel sistema vivente.
Studiando in diverse parti del mondo, tra il Cile, gli Stati Uniti, Pescadero con Heinz von Foerster e gli approfondimenti ad Harvard, occupandosi delle questioni legate alla neurobiologia, progressivamente si inserisce in quell’incredibile concentrazione, come accade nella storia della scienza, che intorno al 1952 e negli anni successivi furono le Macy Conferencies della Macy Foundation, che si svilupparono nel corso di alcuni anni e furono una concentrazione rivoluzionaria della ricerca scientifica innovativa, con un approccio transdisciplinare che andava dalla fisica alla biologia alla chimica, all’ingegneria meccanica e all’antropologia e in cui erano presenti Warren Mc Culloch con Gregory Bateson e molti altri.
Quel periodo fu una fucina straordinaria di menti che produssero quello che è stato l’inizio di una rivoluzione. Il loro obiettivo era uscire dalle secche del determinismo della scienza classica e in particolare dal solo approccio galileiano basato sul principio del “se allora”, cioè su quel principio che regola il rapporto fra causa ed effetto e che è uno dei capisaldi della ricerca scientifica, che stabilisce che date certe premesse, da quelle premesse ne deriverà una e una sola conseguenza. L’esito del processo di ricerca per quanto provvisorio fino a futura falsificazione era, invece che, per dirla con Shakespeare, ci fossero più cose al mondo di quante se ne ricavassero attraverso quel modo di conoscere; più cose naturalmente senza per questo aprire le porte al mistero.
Con Francisco Varela, forse l’allievo più brillante che lui abbia avuto, sono stati protagonisti di una straordinaria avventura intellettuale, che ha risuonato con il clima del Cile di quegli anni. Erano gli anni in cui il gruppo di Fernando Flores ha creato quello che è stato forse uno dei più straordinari, stanti livelli di conoscenza di allora, progetti di informatica democratica che sia mai stato realizzato sul pianeta, distrutto poi dal colpo di stato che portò alla morte di Salvador Allende, con la complicità della CIA, e alla dittatura di Pinochet.
Nel laboratorio di Maturana confluiscono gli studi portati avanti fino ad allora, come quelli sulla visione della rana condotti con Warren Mc Culloch, e maturano prospettive inedite e di profonda innovazione epistemologica e conoscitiva. Come del resto accadeva in più parti del mondo, ad esempio a Napoli, dove l’affermazione della cibernetica aveva portato alla concentrazione di presenze di particolare importanza, come quella dello stesso Mc Culloch, di Valentino Braitenberg, o di Giuseppe Trautteur. Ma come sempre capita nella realtà meridionale si è poi affermata quella tremenda propensione ad adottare e rimuovere.
Studiando i processi di visione e, quindi, il rapporto tra oggetto e sistema visivo, mediante la registrazione dei segnali e delle scelte, quello che è divenuto evidente, contrariamente a quanto si pensava fino a quel momento, è che non c’è un rapporto causa effetto in questo processo, ma c’è un rapporto circolare. Chiedendosi da dove viene la visione, uno potrebbe dire avviene nell’occhio perché se non ci fosse l’occhio non ci sarebbe la visione; un altro potrebbe dire no, se non ci fosse un filo d’erba che la rana percepisce su cui c’è un insetto, non ci sarebbe la visione. In realtà le cose non stanno così: “io ben presto capii”, dice Maturana, che la visione è una proprietà emergente che non è depositata in uno degli enti ma nella relazione, non è nel soggetto né nell’oggetto. In questo modo la rivoluzione paradigmatica che prende forma: diciamo così che la scienza classica ha avuto le caratteristiche di ridurre il processo di conoscenza a solo un aspetto di ordine deterministico, ma quello che accade nella realtà invece è un processo di appartenenza dell’osservatore al sistema osservato e di conseguenza un processo di circolarità, dove per capire fenomeni bisogna spostare l’attenzione dall’ ente alla relazione
Per capire il processo di conoscenza abbiamo bisogno di passare, appunto, dall’ente all’ analisi della relazione per passare poi alle relazioni di relazioni e quindi al deuteroapprendimento cioè gli apprendimenti di secondo livello che si producono passando dalle relazioni alle relazioni di relazioni.
Si capisce così che la prima cibernetica così come Norbert Wiener l’aveva formulata e che certamente era stata una grande rivoluzione, essendo appunto la scienza dell’informazione e dell’ordine, aveva proceduto col concetto di feedback secondo un approccio epistemologico di fisica meccanica: cioè ancora una volta il problema fondamentale era cercare di capire come reagisce A al segnale di B e quindi studiare la reazione, ma ancora una volta si trattava di una centratura sull’ente a all’ente. L’attenzione alla relazione tra gli enti non era mai stata così chiara: mentre la prima cibernetica concepiva i sistemi biologici come sistemi che hanno un programma e che quindi sarebbero programmati all’origine per conoscere, sviluppando delle rappresentazioni della realtà a cui seguono le azioni, la seconda cibernetica ci suggerisce che noi siamo dei sistemi autonomi tendenzialmente chiusi; quindi regoliamo noi stessi ed è per quello che siamo perché abbiamo una capacità di autoregolazione termica, digestiva, metabolica, eccetera. Provvisoriamente e in certe situazioni diventiamo autonomie socchiuse. La concezione del costrutto di socchiusura apre ad un accoppiamento strutturale con la realtà attraverso selezione. Siamo tendenzialmente chiusi e operiamo socchiusure per scopi di conoscenza e la conoscenza è intesa come vita. La socchiusura per accoppiamento strutturale produce conoscenza e produce apprendimento e adattamento. Tutto questo porta all’ affermazione che la vita è conoscenza, un conoscere in senso biologico, nel senso di incorporare letteralmente e biologicamente ciò che apprendiamo e ciò che conosciamo.
Inutile sottolineare quanto poi le ricerche neuroscientifiche degli ultimi 15, 20 anni abbiamo confermato in maniera evidente. Nonostante queste verifiche di una circolarità basata su accoppiamento strutturale, continuiamo a parlare di educazione come trasmissione di conoscenza e come trasmissione di informazioni.
Nei processi di conoscenza si crea un ordine che non proviene solo dall’informazione, ma dal rumore e dalla complessità. Non si tratta solo di ricavare informazioni da informazioni, ma da informazioni e rumore, e da una terza istanza che è la complessità, il tutto intrecciato che intreccia il mondo e noi nel mondo e con il mondo. Noi ci muoviamo in quella situazione non con la logica dei due tempi cioè prima riceviamo l’informazione poi la facciamo nostra, come ci indica opportunamente Giorgio Prodi con Le basi materiali della significazione. Siamo in una contingenza e la contingenza non è una riduzione del determinismo ad opera del caso ma è una proprietà del sistema vivente, come ci indica Steve Jay Golud.
La vita è conoscenza significa partecipare del sistema vivente, anche in base all’idea che poi Maturana ha espresso sui sistemi affettivi emozionali riconoscendo che tutto è regolato da quello che lui avrebbe chiamato l’amore, che secondo lui regola la componente attrattiva degli elementi che possono incontrarsi o non incontrarsi, ma che quando si incontrano perché opportunamente selezionati nel processo circolare giungono a una fusione generale. L’amore è quindi inteso come categoria distintiva della biologia del vivente e anche della biologia della conoscenza.
Quali sono le implicazioni di tutto questo? L’incontro con Maturana ci ha fatto capire che quello che avevamo sotto gli occhi cambiava interamente e si superava il dualismo scienze umane scienze esatte, ci liberavamo del dualismo mente corpo, si apriva ad una prospettiva nella quale l’epistemologia genetica cioè la struttura portante di noi come soggetti di conoscenza diventava l’elemento cruciale dell’esperienza, con ricadute a livello di considerazione dell’apprendimento.
Che cos’è la formazione, come si fa formazione se le cose stanno così, se il problema non è la trasmissione di informazioni nell’attenzione all’ente ma è la relazione, e quindi l’attenzione alla relazione e la capacità selettiva e di adattamento delle singole autonomie? Tutto l’impianto educativo così come congegnato è completamente rovesciato rispetto a ciò che succede davvero nelle esperienze. Che cosa sono le organizzazioni se hanno delle autonomie chiuse e accedono alla socchiusura. Tutta l’idea dei sistemi aperti, per esempio, entra in crisi completamente e l’organizzazione come sistema aperto si frantuma di fronte al fatto che ogni istituzione presidia principalmente la propria chiusura e quindi le proprie consuetudini e la tenacia con cui si oppone a ogni forma di cambiamento. Per certi aspetti la democrazia che cos’è se non un continuo conflitto orientato alla selezione. Cornelis Castoriadis avrebbe richiamato il rapporto fra istituente e istituito dicendo che se non si non si tiene vivo il rapporto fra istituente e istituito le istituzioni si chiudono su se stesse. Per citare Roberto Mangabeira Unger, la democrazia corrisponde all’investimento che la maggioranza fa per dare voce alla minoranza. Più la maggioranza è in grado di socchiudersi verso la minoranza, più vive la democrazia. Un cambiamento di paradigma che in sostanza, si può dire, è tutto da realizzare perché la realtà che ci circonda non è certo arrivata effettivamente ad appropriarsi di questo cambiamento, anche se a volte in modo carsico, volte per minoranze attive a volte per piccoli gruppi di lavoro, piano piano ha cominciato ad avere una sua rilevanza e una sua risonanza seppur discreta.
Ci aiutano, come sempre, la poesia e l’arte.
Una poesia molto famosa di Antonio Machado, Caminante no hay camino:
Viandante, sono le tue orme
il sentiero e niente più;
viandante, non esiste il sentiero,
il sentiero si fa camminando.
Camminando si fa il sentiero
e girando indietro lo sguardo
si vede il sentiero che mai più
si tornerà a calpestare.
Viandante non esiste il sentiero,
ma solamente scie nel mare…
E un’opera altrettanto nota di Escher, La galleria delle stampe:
Viene da domandarsi: ma dove siamo stati in tutti questi anni? Ma quante cose ancora dobbiamo imparare? Perché effettivamente qui si apre si apre un mondo inedito. È quasi un linguaggio paradossale quello dell’autofondazione che trova poi grazie alla socchiusura il fattore critico fondamentale. Facendo riferimento all’apprendimento non è un trasferimento ma si produce nella relazione. Questo assunto cambierebbe la vita delle organizzazioni. Una rivoluzione paradigmatica che riguarda l’organizzazione del vivente in quanto organizing: il processo mediante il quale la struttura prende forma perché è il sistema delle relazioni tra le parti che dà vita all’organizzazione, fatta dal senso che producono le persone. Le discipline organizzative hanno pagato una crisi pesantissima e tuttora la pagano a causa dell’approccio liberista alla vita lavorativa.
Una qualità importante dal punto di vista cognitivo sembra il richiamo alla metafora teatrale che sottende al concetto di theoréin l’etimo di teoria, l’attività del contemplatore, dell’osservatore, mentre l’enfasi sulla circolarità richiama il costruttivismo sociale. La teoria come partecipazione attiva allo spettacolo che si sta osservando apre così alla seconda cibernetica. Soprattutto, questa nuova concezione della conoscenza innanzitutto relazionale e basata sulla partecipazione attiva tanto dell’educatore quanto dell’allievo, colma le lacune con un’interpretazione direttiva.
Facciamo fatica a riconoscere il movimento tra siamo sempre portati come siamo a scegliere per uno dei due poli laddove il problema fondamentale è abitare il movimento perché è nel movimento che si produce il processo. Importante è come si abita il processo e la dinamica. È la relazione che rende sostenibile abitare il processo. Se non ci fosse un processo non ci sarebbe la vita questo è il fatto; è perché cambia che vive non vive perché cambia. La vita è conoscenza e l’educazione è una conversazione infinita. Così si arriva al senso delle cose. Il senso è quello di mettere al centro la conoscenza, l’educazione, la cultura e la voglia di contaminarsi stando in relazione con gli altri. L’educazione é una conversazione infinita, basterebbe questa frase, perché non si smette mai di esistere, non si smette mai di essere. L’educazione non è un monologo ma è un dialogo; non si smette mai di imparare e questo dovrebbe proprio essere alla base di quello che è un valore per vivere oggi, stante la difficoltà del tempo in cui ci troviamo. Solo dalla passione e dall’amore, come sosteneva Maturana, si può comprendere il legame del vivente e prendervi parte con l’educazione.