Tutto ebbe inizio nell’autunno del 1984 quando Bocchi e Ceruti lanciano alla cultura italiana la sfida della complessità, organizzando un convegno internazionale a Milano. I membri, fino ad allora sparsi e per molti aspetti non connessi di quello che in seguito si aggregò progressivamente come un “collegio invisibile”, si confrontarono, protagonisti di una scienza nuova, intrecciando i loro interessi di ricerca.
Quel “collegio invisibile” si riunì una seconda volta nella primavera del ’90 a San Martino di Castrozza, lungo la passione epistemologica ed etica di Paolo Perticari e una terza volta a Bergamo per il decennale della morte di Piaget.
Fuori d’ogni dubbio, del paradigma della complessità la proposta della “autopoiesi e cognizione” di Humberto Maturana e Francisco Varela fu quella più aggregante, più capace di generare stupore e meraviglia e avviare un apprendimento collettivo, che ha attraversato le discipline diverse delle scienze umane.
Per strane vicende i due dell’ “autopoiesi” non compaiono mai insieme nelle tre occasioni di “raduno” nel nostro Paese del “collegio invisibile”: a Milano nell’84 compare solo Francisco Varela, sulle Dolomiti nel ’90 solo Humberto Maturana, a Bergamo, sempre nel ’90, sono entrambi assenti.
Intorno al nucleo dell’ “autopoiesi e cognizione” (l’edizione italiana del testo originale apparso nel 1980, viene pubblicata nel nostro Paese nel marzo del 1985 per I tipi di Marsilio e per merito di Giorgio de Michelis che ne scrive la prefazione) si strutturano linee di sviluppo quali l’evento decisivo del chiarimento della natura complementare delle nozioni di chiusura e di apertura nella definizione di un sistema, il riconoscimento dell’aspetto di chiusura dei sistemi viventi e cognitivi: l’apertura è riferibile alla realtà termodinamica connessa con gli scambi del sistema con l’ambiente; la chiusura è riferibile invece all’insieme di relazioni che fondano l’identità di un sistema. Lungo questa traccia Maturana e Varela distinguono le nozioni di organizzazione e di struttura nella definizione di un sistema: l’organizzazione è un particolare insieme di relazioni tra le componenti che costituiscono una unità; la struttura è invece quel particolare insieme di componenti di relazioni attuali attraverso le quali l’organizzazione del sistema agisce in un ambiente specifico. L’organizzazione in quanto tale deve rimanere invariante, mentre la struttura può variare da un sistema all’altro subendo continui cambiamenti, garantendo così l’invarianza dell’organizzazione connessa con gli stimoli ambientali.1
Humberto Maturana compare da solo, come già precisato, nel convegno internazionale “Conoscenza come Educazione” sulle Dolomiti di San Martino di Castrozza nella primavera del 1990. Tra gli altri, accanto a Alberto Munari e Donata Fabbri, a Mauro Ceruti e a Paolo Perticari, tutto il convegno è attraversato dalla irresistibile pregnanza umana e scientifica di Heinz von Foerster che sviluppa una sua teoria dell’apprendimento e della conoscenza vis-à-vis con gli indeterminabili, indecidibili, inconoscibili.
Humberto Maturana anima un seminario sul tema “Biologia delle spiegazioni scientifiche e riflessioni sull’amore”. Ha davanti un pubblico folto, attento, curioso, capace di meraviglia. Alle sue spalle una lavagna da scuola, in ardesia; Humberto Maturana parla, continuamente passeggiando davanti alle e ai suoi partecipanti, con un gessetto bianco in mano. Sulla lavagna ricama brevi tratti e alcune parole, in lingua inglese, tra queste traccia in modo più marcato la parola Love. Il pubblico che ascolta indica, con qualche intervento, come lo sviluppo di affidabili processi di apprendimento individuali e organizzativi sia una scelta obbligata. Maturana sottolinea fin dalle prime battute come, dei molti elementi confluenti in un processo di apprendimento, essere l’emozione una variabile centrale. Dell’emozione Maturana intende sottolineare l’esigenza di una euristica, che consideri l’importanza cruciale della storia individuale del soggetto e in essa di quella particolarissima stagione che è la prima infanzia. Lo afferma da biologo dell’encefalo a un pubblico per lo più di praticanti delle scienze umane. Insiste Maturana, sempre con il gessetto bianco in mano, che occorre cominciare a pensare come non si sviluppi apprendimento se questa risorsa emozionale non sia sollecitata e curata dall’azione di insegnamento. In altre parole, occorre pensare che l’emozione divenga una risorsa poetica capace di cambiare con il soggetto il suo mondo. E Maturana opera un affondo, sostenendo come questi assunti conducano a una riflessione sull’amore e sul ruolo che esso può giocare nell’apprendimento organizzativo: “l’amore è la condizione dinamica e spontanea dell’accettazione, da parte di un sistema vivente, della sua coesistenza con un altro … sistema vivente …; l’amore è un adattamento dinamico reciproco, spontaneo … la socializzazione è il risultato dell’operare nell’amare, e si verifica solo nel dominio in cui si verifica l’amore”.2
Humberto Maturana è morto in un tempo, il nostro, nel quale per la prima volta nella storia del pensiero umano le scienze dell’uomo e le scienze della natura superano la divisione di Dilthey e insieme congiungono i propri sentieri di ricerca attraverso il paradigma della relazionalità, che necessita come tale di amore e collaborazione.