Recuperare i luoghi e trasformarli in narrazione, che cosa vuol dire?
È come percorrersi, camminare nel proprio mondo interno, uno spazio fatto soprattutto della propria geografia interiore.
“Piatta è piatta”, le prime tre parole del libro, assumono molti significati…
Eh! Sì…un atto d’amore in primo luogo. Ma anche una sorta di rassegnazione di chi fin da bambino, per elevarsi, doveva salire sugli argini, non avendo altra scelta. Oltre a una constatazione di appartenenza, per interrogarsi sul mistero in base al quale i luoghi ci entrano dentro, e noi non sappiamo come, fino a che punto e con quali conseguenze.
La fotografia di Luigi Ghirri in copertina segna il libro con un altro paesaggio, quello umano che lo compone.
La pianura padana si propone a me come un reticolo fitto di incontri, di passioni, di amicizie, di amori. Un teatro dell’anima, e nel libro ho voluto mettermi in dialogo con quel pluriverso che mi ha costituito e mi costituisce.
Un continuo sconfinamento?
Proprio così, tra me, i miei riferimenti principali, lo spazio e il mondo. Come dice Guccini: “tra la via Emilia e il West”.
A coinvolgere in modi spesso irresistibili sono i molteplici strati di un libro che non solo si legge ma si cammina. Si può camminare un libro?
A camminare, a viaggiare per la pianura, sono stato prima io scrivendolo, di fatto e con l’immaginazione. Se qualcuno leggendo cammina con me, non posso che esserne contento.