Sono nato quarantacinque anni fa dall’unione tra una svedese e un italiano. Mia figlia di 11 anni è nata in Francia dall’unione tra una francese e un italo svedese. Credo di poter dire di essere un buon esempio di ibridazione che può rappresentare oggi come per altri l’intreccio di usanze, abitudini e storie completamente diverse e che a volte, fanno pure a pugni tra loro.
Da ragazzo, non mi sentivo esattamente uguale ai miei coetanei: l’educazione che ho ricevuto univa due mondi, due lingue, due modi di affrontare la stessa cosa in modo differente e spesso mi sentivo un po’ fuori dal coro.
Crescendo ho interiorizzato come le mie molteplici appartenenze fossero uno dei miei principali punti di forza: potevo vedere le cose da più punti di vista, da più sfumature e le cose erano sempre più complesse di come apparivano a prima vista. Avevo un buon orecchio per lingue e in più percepivo che quello che mi era stato insegnato fino ad allora, aveva un valore aggiunto. I miei viaggi in Svezia, il cibo diverso, il sapersi adattare a più situazioni: era come se avessi sperimentato molto di più dei miei coetanei. In Italia si parlava di figli mammoni e io a diciotto anni ero già completamente autonomo.
Da adulto ho conosciuto molto bene anche la Francia e con la nascita di mia figlia il mio (il nostro) processo di ibridazione si è ancora più articolato. Tre culture differenti, tre lingue differenti, molti viaggi e una grande famiglia internazionale.
Mi fa sorridere sapere che spesso mi trovo a scegliere tra un’usanza e l’altra. Adoro il Natale celebrato in Svezia dove le giornate sono sempre più corte ma la luce delle candele trionfa sul buio e adoro le tradizioni tipiche della mia famiglia scandinava. Allo stesso tempo me ne scapperei in Francia a festeggiare l’Epifania con la “Galette de Rois”. Li non si parla della Befana ma si prepara una torta in onore dei Re Magi e nel dolce viene nascosta una piccola statuina di ceramica chiamata ”fève”. Chi trova la statuina nella propria fetta viene proclamato Re per un giorno e può portare una corona dorata. E’ così divertente fare queste cose con mia figlia.
Negli ultimi anni la frequenza nel costituirsi di famiglie provenienti da paesi e culture differenti è molto cresciuta anche in Italia. E’ un fenomeno non più nuovo (spesso la seconda generazione risiede stabilmente in Italia) e pone sfide nuove nell’educazione e crescita dei figli, nei legami di coppia e nel rapporto con le famiglie di origine. Le famiglie multiculturali credo siano il luogo di massima espressione dell’integrazione e dell’incontro tra lingue ma soprattutto culture diverse.
Queste diversità sono risorse e fonte di arricchimento culturale e la nascita di un figlio crea un identità mista. Si pone infatti la necessità di affrontare le provenienze culturali e religiose, la scelta del nome, l’educazione religiosa e non, la frequentazione con i nonni e i parenti, le spesso notevoli distanze geografiche da colmare e i tanti viaggi ai quali prepararsi.
E’ importante che in queste famiglie venga sempre garantito l’accesso al sistema culturale di entrambi i genitori sostenendo i figli nella costruzione di una propria identità.
Oggi sempre più sono consapevole di essere un ibrido ma di avere la fortuna di poter essere più cose contemporaneamente, senza dover rispondere alla domanda “ti senti più italiano o svedese?” e tua figlia “si sente più italiana, svedese, o francese?” Ci sentiamo europei e ci sentiamo soprattutto liberi nelle nostre molteplici appartenenze.