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Arjun Appadurai, Neta Alexander, Fallimento, Raffaello Cortina Editore, Milano 2020

Autore

Ugo Morelli
Ugo Morelli, psicologo, studioso di scienze cognitive e scrittore, oggi insegna Scienze Cognitive applicate al paesaggio e alla vivibilità al DIARC, Dipartimento di Architettura dell’Università Federico II di Napoli; è Direttore Scientifico del Corso Executive di alta formazione, Modelli di Business per la Sostenibilità Ambientale, presso CUOA Business School, Altavilla Vicentina. Già professore presso le Università degli Studi di Venezia e di Bergamo, è autore di un ampio numero di pubblicazioni, tra le quali: Mente e Bellezza. Arte, creatività e innovazione, Allemandi & C, Torino 2010; Mente e paesaggio. Una teoria della vivibilità, Bollati Boringhieri, Torino 2011; Il conflitto generativo, Città Nuova, Roma 2013; Paesaggio lingua madre, Erickson, Trento 2014; Noi, infanti planetari, Meltemi, Milano 2017; Eppur si crea. Creatività, bellezza, vivibilità, Città Nuova, Roma 2018; Noi siamo un dialogo, Città Nuova Editrice, Roma 2020; I paesaggi della nostra vita, Silvana Editoriale, Milano 2020. Collabora stabilmente con Animazione Sociale, Persone & Conoscenza, Sviluppo & Organizzazione, doppiozero, i dorsi del Corriere della Sera del Trentino, dell’Alto Adige, del Veneto e di Bologna, e con Il Mattino di Napoli.

um, “Come mai non impariamo dalla lunga serie di fallimenti che il nostro modo di vivere e il nostro modello di sviluppo ci pongono innanzi tutti i giorni?” 

aa e na, “Due grandi illusioni costantemente alimentate sono le prime cause della nostra disposizione a negare l’evidenza: la prima riguarda la convinzione che la scarsità possa venire eliminata; la seconda ha a che fare con la rimozione della realtà di essere finiti, e come tali destinati a fallire”. 

um, “Sì, ma come funziona il meccanismo illusorio?” 

aa e na, “Il fallimento genera e mantiene in essere fantasie culturali e regimi di attesa. In sostanza ci tiene sospesi e impegnati a responsabilizzarci per le sue manifestazioni e a rilanciare per provarci ancora”. 

um, “Spiegatevi meglio”. 

aa na, “Il fallimento non è un fatto naturale, ma è naturalizzato da un apparato interconnesso che lo naturalizza e, quindi, suscita l’impressione ineludibile che la buona riuscita sia sempre merito della tecnologia e delle sue virtù, mentre l’insuccesso è sempre imputabile al cittadino, all’investitore, all’utente, al consumatore. Riportare al singolo la responsabilità vuol dire impedire di mettere in discussione il sistema e rigenerare continuamente la tensione individuale a impegnarsi per riuscire, a consumare per essere, a investire per farcela”. 

um, “Ma allora possiamo ipotizzare che quella del fallimento sia una strategia di rimozione della memoria e dell’esame di realtà?”  

aa na, “Se si pensa alla precarietà deliberata delle tecnologie digitali e alla provvisorietà delle esperienze e dei consumi, non dovrebbe essere difficile percepirci come incapaci di memoria e di buon uso della memoria. Se saremo capaci di presa di coscienza della nostra condizione, accoglieremo la nostra fragilità e diventeremo finalmente più forti, vivendo la fallibilità come parte costitutiva della nostra esperienza, uscendo finalmente dall’illusione che ci tiene prigionieri di una perfezione irraggiungibile”. 

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