La Storia è fatta dalle persone. Io mi chiamo Gerardo Evangelista, sono uno di sei fratelli sparsi in tutta Italia: Torino, Cassino ecc. Ho avuto la fortuna di poter restare nella mia terra quando in questo lembo dimenticato di Mezzogiorno arrivò la FIAT. Nella fabbrica integrata di Melfi ho iniziato la mia vita lavorativa e la mia esperienza da sindacalista operaio. Appartengo alla generazione del cosiddetto “prato verde”. Assunto come operaio nel 1993, ho fatto una lunga gavetta come delegato fino ad assumere nel 2016 la carica di Segretario Generale della Fim Cisl Basilicata. Gli anni in cui ho incominciato il mio apprendistato sindacale sono quelli in cui nascevano le professionalità e il sindacato lucano, da tempo alle prese con la crisi della prima industrializzazione, trovava un nuovo e più fertile terreno dove mettere radici. All’inizio ricordo le parole di mio padre, anche lui operaio metalmeccanico in una grande acciaieria a Stoccarda-Fellbach, dove, per lo scoppio di un forno, un operaio perse la vita e lui rimase ustionato: un buon sindacalista – diceva – si vede da come tutela la vita delle persone e dalle responsabilità che si assume, sottolineandomi che la fabbrica è fatica e che tocca al sindacato renderla vivibile.
I primi anni ’90 sono stati per la mia regione una sorta di primavera, con tassi di crescita superiori al resto del Sud e una riconosciuta capacità di programmare e utilizzare i fondi europei. Erano anni in cui tutto sembrava possibile. Negli occhi di ognuno di noi brillava la speranza di poter finalmente realizzare il futuro nella propria terra, la voglia di mettere a frutto le proprie capacità. Eravamo consapevoli di lavorare in una azienda che richiedeva impegno e professionalità, tuttavia i disagi del lavoro in fabbrica, dei turni di notte, della linea di montaggio erano ampiamente compensati dalla certezza di aver avuto una opportunità e di non doverla vanificare tanto era preziosa in una terra avara di lavoro. La maggior parte di noi era senza esperienza lavorativa e sindacale. Siamo arrivati da tutti i paesi della Basilicata e da alcuni paesi delle vicine Puglia, Campania e Calabria. Eravamo, e siamo, lavoratori che hanno scelto di restare nel proprio paese e di contribuire così alla crescita economica e sociale delle proprie comunità.
Oggi tutti noi viviamo una situazione sconcertante: travolti dalla paura, che in molti casi si camuffa da incredulità, tutto cambia velocemente, anche in fabbrica. Viviamo tempi frenetici e imprevedibili in cui è facile perdere il senso dell’orientamento; un tempo in cui è facile sentirsi estranei al mondo.
Dentro questo contesto, dove succedono molte cose e i cambiamenti si rincorrono senza soluzione di continuità, dove anche il mondo del lavoro sta cambiando velocemente sotto la pressione delle innovazioni tecnologiche, anche il sindacato è chiamato ad interpretare quello che Papa Francesco efficacemente definisce non un’epoca di cambiamenti ma un cambiamento d’epoca. Nuovi paradigmi si stanno affermando sotto la spinta di tecnologie inimmaginabili fino a qualche anno fa. Il sindacato deve cambiare per essere pronto alla sfida che è già iniziata tenendo ferma la barra sull’importanza del fattore umano nel rapporto con la tecnologia e con gli stessi lavoratori. Il sindacato oggi deve essere un’antenna in grado di percepire non solo i bisogni materiali ma in special modo le aspettative, i sentimenti e le preoccupazioni delle persone che rappresenta, affinché la fabbrica sia un luogo di crescita personale e collettiva, un luogo da vivere attivamente. Oggi al sindacato tocca una nuova e delicata missione pedagogica per ricostruire la rete delle relazioni sociali e dare ai lavoratori la consapevolezza di essere un potente sé collettivo che muove la Storia.