di Emanuela Fellin e Rosario Iaccarino
Se imparare e conoscere sono state da sempre risorse importanti per la nostra vita e per il lavoro, oggi sono diventate fondamentali. Abbiamo un futuro da imparare, sia per prenderci cura della nostra libertà, sia per creare un mondo migliore e condizioni lavorative all’insegna della qualità della vita e della giustizia sociale.
La questione della conoscenza non si limita solo all’ambito del lavoro e della rappresentanza sindacale ma è una condizione per realizzare la cittadinanza attiva. Il sapere è il fattore critico fondamentale sia per essere che per saper fare. E’ proprio in questo senso che intendiamo la conoscenza e l’apprendimento come pratiche della libertà. Di quali apprendimento e conoscenze parliamo? In base alle risposte a questa domanda si possono configurare oggi vere e proprie strategie dal punto di vista della partecipazione, della vita pubblica, della rappresentanza sindacale. Se, infatti, ci riferiamo all’informazione e alla produzione dei saperi spontanei che con la rete sono diventati di fatto illimitati e accessibili a tutti, dobbiamo immediatamente riconoscere che quella opportunità è fatta anche di tanti vincoli. Il primo dei quali è un sapere generico, molto spesso non validato, e soprattutto non validabile dalla maggior parte delle persone. Ciò significa che ognuno di noi rischia di costruirsi convinzioni e certezze, di fare delle scelte e prendere delle decisioni sulla base di informazioni la cui attendibilità non è verificata. Chiunque si trovi in quella condizione ha un patrimonio di conoscenze di senso comune acquisito nei suoi ambienti primari, ad esempio in famiglia e nei luoghi ricreativi, che qui chiamiamo prima educazione. Naturalmente ognuno è andato a scuola e in percorsi più o meno lunghi e strutturati ha appreso conoscenze di diverso tipo, basate però su un approccio disciplinare e solo raramente ricondotte all’esperienza concreta della vita. Chiamiamo questa seconda educazione. È necessario richiamare la nostra attenzione sul fatto che né la prima né la seconda educazione oggi possono bastare per elaborare un senso e avere i criteri utili a scegliere e a orientarsi, a valutare e a preferire le informazioni adatte a muoversi con consapevolezza e efficace protagonismo, sia nel lavoro che nella vita.
Diventa perciò indispensabile formarsi secondo quella che chiamiamo la prospettiva della terza educazione. Quando le conoscenze cambiano rapidamente e non sempre abbiamo i criteri per valutarne l’attendibilità diventa un fatto di libertà imparare come si fa a scegliere quello che è utile e necessario sapere per essere parte attiva, per negoziare con consapevolezza e forza, per fare proposte originali e innovative. Un itinerario che si nutre di emozione e cognizione, ossia di un sapere affettivo che si costruisce nell’intersoggetività e che si arricchisce nel conflitto generativo tra punti di vista differenti. Una “dotazione” irrinunciabile, e perciò da educare, anche per i sindacalisti, se si vuole rigenerare la radice sociale della rappresentanza, che chiede, per apprendere un linguaggio nuovo, di privilegiare l’ascolto: la contrattazione sindacale è un precipitato storico, sia pure in frammento, di grandi temi come l’uguaglianza, la giustizia sociale, la libertà, ecc., la cui realizzabilità è legata alla capacità di declinarli secondo esigenze soggettive e collettive in un dato periodo storico.
Un’esperienza educativa che ha insegnato al mondo il nesso vitale e inscindibile tra sapere e libertà è stata la Scuola di Barbiana di don Lorenzo Milani, che formava i figli dei contadini a un sapere “politicamente” evoluto, aperto alla dimensione locale e mondiale dei problemi, perché superassero la condizione di partenza esprimendo il meglio di sé. Quella Scuola, che si alimentava anche del confronto sui problemi dell’economia e del lavoro, ispirò anche una delle grandi conquiste sindacali degli anni ’70: le 150 ore per il diritto allo studio, che non fu solo un mezzo affinchè gli operai conseguissero un titolo di studio, ma divenne un movimento culturale diffuso, di cura del pensiero e crescita di una coscienza politica individuale e collettiva, perchè ciascuno potesse “prendere la parola”: uno strumento di emancipazione verso la libertà positiva, che permette a ciascuno di scegliere e realizzare il progetto di vita secondo le proprie dotazioni e aspettative. Durante la trattativa sindacale del 1973, il presidente degli imprenditori metalmeccanici Mandelli pose ironicamente al segretario della Fim Franco Bentivogli la domanda: “Allora, secondo lei signor Bentivogli, un operaio, con le 150 ore potrebbe anche imparare a suonare il clavicembalo?” “Certamente!” fu la sua risposta.
Emanuela Fellin, pedagogista clinica, svolge la sua attività professionale, di studio, ricerca e consulenza per lo sviluppo individuale, sia con l’infanzia e l’adolescenza, che con gli adulti. Si occupa di interventi con i gruppi e le organizzazioni per la formazione e lo sviluppo dell’apprendimento e della motivazione. L’impegno di studio e applicazione è rivolto agli interventi nei contesti critici dell’educazione contemporanea, sia istituzionali che scolastici. Le tematiche principali di interesse vertono sui concetti di vivibilità, ambiente, cura e apprendimento. I metodi utilizzati sono quelli propri della ricerca-intervento e della consulenza al ruolo per lo sviluppo individuale e il sostegno alle dinamiche dei gruppi e delle organizzazioni.
Rosario Iaccarino, nato a Napoli nel 1960, dal 1982 al 1987 ha lavorato come operaio presso la SIRAM, assumendo l’incarico di delegato sindacale della Fim Cisl; nel 1987 è entrato a far parte dello staff della Fim Cisl nazionale, prima come Responsabile dell’Ufficio Stampa e dal 2003 come Responsabile della Formazione sindacale. Cura i rapporti con le Università e con l’Associazionismo culturale e sociale con i quali la Fim Cisl è partner nei diversi progetti.Giornalista pubblicista dal 1990. È direttore responsabile della rivista Appunti di cultura e politica. E’ componente del Comitato Direttivo e del Comitato Scientifico dell’Associazione NExT (Nuova Economia per Tutti).
Nonostante avessi lavorato come educatrice,mi sono resa conto di non essere a conoscenza di certe nozioni del pregresso che sono importanti per capire come siamo arrivati ad essere oggi.Quindi, questi scritti ,sono utili per “rispolverare”, “riflettere” e “reimparare il nostro modo di agire e di pe nsar. Quindi mi dico : ” non è mai troppo tardi”! E questo mi appassiona molto. Grazie,vi aspetto alla prossima lettura.